Gli hikikomori sono giovani, spesso adolescenti o giovani adulti, che scelgono di isolarsi volontariamente dalla società, rinchiudendosi in casa o nella propria stanza per mesi o anni, evitando contatti sociali, scuola o lavoro. Sebbene il termine abbia origine in Giappone, il fenomeno è ormai globale, e in Italia sta crescendo, soprattutto dopo la pandemia da COVID-19.
In Italia, gli hikikomori sono prevalentemente giovani tra i 14 e i 30 anni che si ritirano dalla vita sociale, spesso vivendo in un contesto familiare che li supporta economicamente. A differenza del Giappone, dove l’isolamento è spesso totale, in Italia molti mantengono un contatto minimo con i familiari, pur evitando il mondo esterno. Le cause sono complesse: pressioni scolastiche, difficoltà nel mercato del lavoro, ansia sociale e, in alcuni casi, dipendenza da internet o videogiochi.
Secondo studi recenti, il fenomeno riguarda decine di migliaia di giovani italiani, anche se le stime variano per la difficoltà di identificare chi vive in completo isolamento.
Prima della pandemia, il fenomeno era già noto, ma meno diffuso. Organizzazioni come Hikikomori Italia, fondata da Marco Crepaldi, segnalavano una crescita graduale, legata a fattori come l’aumento dei figli unici, la crisi economica e la cultura dell’immagine sui social media. Tuttavia, il lockdown del 2020 ha segnato un punto di svolta, amplificando le vulnerabilità di chi era già a rischio.
La pandemia da COVID-19 ha costretto milioni di italiani a rimanere in casa, normalizzando l’isolamento e alterando le dinamiche sociali. Per molti giovani, il lockdown ha significato l’interruzione di routine scolastiche, attività sportive e interazioni con i coetanei, creando un terreno fertile per il ritiro sociale.
L’aumento dell’uso dei dispositivi digitali (per studio, svago o social media) ha ulteriormente ridotto i contatti fisici, rafforzando abitudini di isolamento. Studi condotti dopo il 2020 indicano che i casi di hikikomori in Italia sono cresciuti significativamente. Ad esempio, ricerche del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) hanno rilevato un incremento dell’isolamento sociale tra gli adolescenti, con una percentuale di studenti che mostrano comportamenti simili agli hikikomori.
La chiusura delle scuole e la didattica a distanza hanno accentuato il senso di alienazione, specialmente per chi già soffriva di ansia o depressione. Inoltre, la crisi economica post-pandemica ha ridotto le opportunità lavorative per i giovani, aumentando la frustrazione e il senso di inutilità. Per affrontare il fenomeno, sono nate iniziative come programmi di supporto psicologico e interventi familiari. Tuttavia, la natura nascosta degli hikikomori rende difficile raggiungerli.
La pandemia ha anche portato un lato positivo: una maggiore consapevolezza del problema, con più attenzione da parte di scuole e servizi sanitari. Gli hikikomori in Italia rappresentano una sfida complessa, ma riconoscerne l’aumento è il primo passo per sviluppare strategie di prevenzione e recupero.
A cura di Stefania Cardellicchio