Il mondo patinato degli influencer ti intriga? Ti brillano gli occhi davanti ai profili da sogno e ai reel da mille e una notte? Bene, allora preparati a veder crollare quel castello di filtri con “Bad Influence: il lato oscuro dei giovani influencer”, la nuova serie Netflix che è atterrata sulla piattaforma il 10 aprile 2025 come una bomba glitterata… ma piena di schegge.
Non aspettarti il classico teen drama tra cuoricini rosa e drammi da liceo: qui si parla di ossessione per i like, ansia da visibilità, identità che si perdono nel feed. È un viaggio nei meandri più oscuri dell’universo social, dove il confine tra realtà e apparenza è così sottile che basta uno swipe per perderlo. Sei pronto a uscire dalla comfort zone di Instagram? Allora, benvenuto dietro le quinte del feed perfetto.
Bad Influence ci trascina nella giungla glitterata dei social, dove un gruppo di adolescenti vive (e spesso si perde) nella corsa alla viralità su InstaWorld – un incrocio tra Instagram e TikTok, ma più tossico e meno filtrato. Ognuno recita il proprio personaggio per restare a galla tra dirette, balletti e sponsor. Ma sotto i filtri patinati, c’è un mare di ansie, paura dell’oblio digitale e confronto continuo.
Il cast è giovane, carismatico, e finalmente credibile: non sembra una pubblicità camuffata da serie, ma una radiografia emotiva della Gen Z digitale, con tanto di riflessioni (vere) su like, hate speech e dipendenza da performance.
Una scena in particolare (tranquilli, niente spoiler) ci mette di fronte a una verità scomoda: l’immagine pubblica è una costruzione ben studiata, fatta di strategia, filtri e monetizzazione. È lì che Bad Influence ci colpisce: non giudica, ma osserva. Mostra quanto sia facile smarrirsi cercando approvazione nel feed altrui.
E in mezzo a tanta finzione, trovare la propria autenticità… è forse l’unico vero atto di ribellione.
Parliamoci chiaro: oggi gli influencer sono i nuovi idoli pop. Un tempo c’erano attori, cantanti e calciatori; ora il podio se lo contendono profili patinati e reel perfettamente montati. E non è un male in sé, anzi: molti di loro sono creativi, brillanti, ispirano milioni di persone. Ma c’è un però. Il rischio è confondere la visibilità con il valore personale.
Avere un seguito enorme non significa automaticamente essere profondi, veri o affidabili. Significa solo che si è bravi a stare sulla scena.
Come ha detto Chiara Ferragni (sì, proprio lei) in un’intervista del 2023:
Ecco, questa frase è perfetta per descrivere lo spirito di Bad Influence. La serie, infatti, ci sbatte in faccia una verità tanto semplice quanto ignorata: dietro ogni post virale c’è una persona vera, spesso fragile, in bilico tra autenticità e performance. E non tutto quello che brilla sul feed, brilla anche nella vita vera.
Bad Influence non solo è una serie ben fatta: è uno specchio (e nemmeno troppo deformante) puntato dritto su chi oggi vive immerso nell’universo dei social. Ti ritrovi lì, in mezzo al caos di like compulsivi, filtri bellezza, caption da guru e crisi d’identità digitali. Un po’ ti fa ridere, un po’ ti fa riflettere, e ogni tanto ti fa pure venire voglia di lanciare lo smartphone dalla finestra.
Cosa ci sbatte in faccia la serie?
Per questo va vista, punto. Ma con lo sguardo giusto. Non è solo una serie da binge-watchare in felpa, ma un piccolo gioiello visuale. È tutto così esteticamente perfetto che ti verrebbe voglia di metterlo in evidenza nelle storie.
Ogni dettaglio è pensato per dialogare con la Gen Z: dai look da Pinterest girl alle frasi che sembrano uscite da un TikTok terapeutico. Il risultato? Una serie che ti conquista con lo stile… e ti resta in testa per i temi.
Se ti sono piaciuti Euphoria, Black Mirror o The Social Dilemma, prepara i pop-corn e il taccuino esistenziale: questa è roba che fa brillare e pensare. Tutto insieme. Come un filtro vintage con sotto una verità scomoda.
Viviamo in un’epoca dove la comunicazione è diventata show, e dove anche il nostro tempo libero viene brandizzato. Gli influencer fanno parte di questo ecosistema, e spesso ci ispirano, ci divertono, ci tengono compagnia. Ma serve un po’ di consapevolezza critica in più. E Bad Influence ci regala propri questo: uno sguardo lucido e un po’ disilluso, ma anche empatico, su una generazione che si gioca tutto per una manciata di visualizzazioni.
È il momento di guardare oltre lo schermo. Magari, per una volta, senza filtri.
A cura di Nicoletta Urbinati