La notizia è questa: la proposta di legge per istituire, il 17 giugno, giorno dell'arresto di Enzo Tortora (era il 17 giugno 1983), la giornata dedicata alle vittime degli errori giudiziari, ha avuto una nuova battuta d'arresto.
Il provvedimento è destinato a ripartire dalla commissione, per non dire a essere chiuso in un cassetto.
Ma perché? La risposta è semplice: il governo, impegnato a portare in porto la riforma della giustizia che entro l'estate dovrà essere sottoposta alla seconda lettura, vuole procedere su quel campo con estrema cautela.
Insomma: Giorgia Meloni ha fatto sapere ai suoi che preferisce togliere di mezzo ogni occasione che potrebbe essere colta per esacerbare le tensioni già alte con la magistratura. Quindi, sull'altare della separazione delle carriere, meglio darsi un pizzico sulla pancia oggi che piangere per aver sprecato l'ennesima occasione per riformare un mondo quanto mai arroccato domani.
Certo è che, comunque, a pagarne le spese è ancora il povero Enzo Tortora.
E quindi: chi per un verso, chi per l'altro, i partiti, 42 anni dopo l'inizio di uno degli errori giudiziari più clamorosi della storia repubblicana e a quasi 37 dalla morte di Enzo Tortora (finì il 18 maggio 1988), sono ancora in imbarazzo.
Il centrosinistra perché teme di perdere una delle sue roccaforti elettorali, il centrodestra perché teme di far saltare la sua riforma, non hanno ancora la forza e la coscienza di prendere il toro per le corna e dire: sì, la nostra giustizia non funziona, bisogna riformarla nel nome del presentatore televisivo che improvvisamente si vide messo in manette e sbattuto in galera per delle accuse false di pseudopentiti di camorra.
Quasi mezzo secolo non è bastato all'Italia delle istituzioni per digerire quello che giustamente Walter Vecellio, a dicembre scorso sull'Huffington Post, ha definito non un semplice errore giudiziario ma
Eppure, oggi come allora, vengono i brividi ad ascoltare la dichiarazione di innocenza di Tortora davanti ai giudici nell'aula del tribunale
E insomma: Enzo Claudio Marcello Tortora, nato a Genova il 30 novembre del 1928, oltre a essere un grande giornalista e uno degli uomini più talentuosi e popolari della nostra tv, era una persona perbene. Ma oggi continua a essere solo il nome attorno al quale la politica, nel migliore dei casi, si rivela il potere (paradossale) del "vorrei, ma non posso".
Sta di fatto che oggi, la notizia che il Governo Meloni ha deciso di soprassedere sulla giornata da dedicare alle vittime della cattiva giustizia è stata commentata, tra gli altri, da Mattia Feltri nella sua rubrica in prima pagina de La Stampa:
Feltri, poi, ha messo il dito nella piaga:
Il fatto, secondo l'opinionista di punta de La Stampa, è che la politica
Beh, quando ci riesce, ci sarebbe da aggiungere: quando ne ha il coraggio.
Quanto scritto da Mattia Feltri è stato condiviso in pieno da Gaia Tortora, la giornalista del TgLa7 figlia di Enzo
???? pic.twitter.com/B97ystad8U
— Gaia Tortora???? (@gaiatortora) April 19, 2025
Per lei, dice tutto l'articolo: inutile aggiungere altro. Ma uno che lo fa significativamente è Stefano Esposito, ex assessore al trasporto pubblico di Roma (con la giunta Marino) nonché ex parlamentare Pd, con una carriera politica stroncata da un procedimento durato anni ma finito nel nulla
Oggi @mattiafeltri scrive quello che io sostengo, purtroppo, da tempo, il garantismo in questo paese è morto, la politica è ipocrita e codarda. La magistratura è una casta che si ritiene al di sopra di tutto e tutti. Le vittime restano sole. Grazie Mattia. pic.twitter.com/lXlCSVUh7L
— Stefano Esposito (@esposito18669) April 19, 2025
Chissà se basterà.