Anno Domini 1997: sul palco di Sanremo il gruppo veneziano dei Pitura Freska col brano "Papa nero". Grande successo, divenne un tormentone: "Sarà vero / dopo Miss Italia aver un Papa nero / No me par vero / un Papa nero che scolta e me canson en venessian / Perché el 'se nero african".
Ora, ventotto anni più tardi, dopo Francesco, è nelle cose avere sia un Papa nero, sia, e probabilmente soprattutto, un Papa straniero. In che senso? Un Papa non solo non italiano (del resto è da soli 46 anni che non ne abbiamo uno, prima del 1978, però, è stato italiano ininterrottamente per quattro secoli), ma di un Paese dove in realtà il cattolicesimo è la religione di una sparuta minoranza.
E quindi: vuoi vedere che Elly Schlein, che nel 2023 non fu voluta dai tesserati del Pd, ma fu eletta segretaria del Partito Democratico da chi si trovò a passare per i gazebo delle primarie, farà scuola Oltretevere?
Nel 1997, i Pitura Freska portarono sul palco dell'Ariston una ventata di simpatia. L'anno prima era stata eletta (tra le polemiche) la prima Miss Italia nera (Denny Méndez) e quindi: perché non prefigurare anche un Santo Padre finalmente non bianco? Il gruppo veneziano lo fece a ritmo reggae
All'epoca, Papa era Giovanni Paolo II. Dopo di lui, nel 2005, sarebbe arrivato Benedetto XVI. Nessun Papa nero, quindi. Ma questa volta, dopo Francesco?
E insomma: al momento dell'extra omnes, saranno 135 i cardinali elettori (ma c'è l'italiano Becciu in forse per la sua vicenda giudiziaria): 16 dall'America del Nord, 4 da quella Centrale, 17 dal Sudamerica, 55 europei, 18 africani, 21 asiatici e 4 dell'Oceania in rappresentanza di 1 miliardo e 400 milioni di cristiani sparsi in tutto il mondo, certo. Non omogeneamente, però.
Ma sta di fatto che sulla composizione di questo conclave molto hanno pesato le scelte di Bergoglio che, invece, hanno finito per proiettare in Sistina un mondo allo stesso modo cristiano, quando in realtà non è così.
Su 135 Eminentissimi, ben 108 li ha nominati lui. Ciò non significa automaticamente che la pensino allo stesso modo. Tuttavia: rappresentano la Chiesa come l'aveva in testa il Papa argentino: sempre meno eurocentrica, allargata all'Asia anche ben al di là del numero di cattolici che abitano quella parte del pianeta.
E infatti quella porzione di terra sarà sovrarappresentata in Sistina a discapito di altre, cattolicissime da sempre.
Per questo, dal prossimo conclave, rischia di uscire un Papa straniero in quanto originario di un Paese dove i cattolici sono una sparuta minoranza. Mentre sarà impossibile avere un Papa di diversi Paesi di storica e consolidata tradizione e cultura cattolica.
E quindi: può darsi che il Papa sia nero. Ma soprattutto che sia straniero, originario di un Paese non cattolico. La cosa l'ha notata il vaticanista Piero Schiavazzi: la cattolicissima Irlanda, ad esempio, non ha rappresentanti in Cappella Sistina; la Repubblica Ceca, la Slovenia, la Lituania, l'Ucraina nemmeno. L'Austria, Paese consacrato a San Leopoldo III, il Beato Carlo d'Austria e a San Clemente Maria Hofbauer, avrà lo stesso peso della Mongolia che conta, al suo interno, meno dello 0,1% di cattolici.
Ancora, per l'altro verso: almeno un cardinale elettore avranno la Thailandia (con lo 0,5% di cattolici) e la Birmania (1% di fedeli).
Come è stato possibile avere un conclave così squilibrato? Beh: per una evidente scelta politica del Pontefice che ci ha appena lasciato.
Eppure, forse mai come in questo momento sarebbe importante avere un capo della Chiesa cattolica capace di incarnare e rappresentare i valori del mondo occidentale e della democrazia liberale, dell'economia di mercato e del rispetto dei diritti umani, visto che sono sott'attacco delle autocrazie asiatiche. E il perché è presto detto: la stessa cultura cattolica ha contribuito a farli nascere e maturare. Insomma: difendendo i valori "occidentali" la Chiesa non farebbe altro che difendere se stessa.
Ma tant'è: il modello Schlein, il modello del Papa straniero, è un pericolo concreto. Se Oltretevere allungano lo sguardo al Nazareno, se ne faranno un'idea.