Le contestazioni sollevate da un Comune in merito a presunti abusi edilizi possono avere conseguenze rilevanti sulla situazione giuridica e urbanistica di un immobile.
In molti casi, infatti, l’apertura di un procedimento amministrativo blocca qualsiasi possibilità di regolarizzazione successiva, anche qualora vengano introdotte nuove norme più favorevoli, come quelle previste dal recente decreto Salva Casa.
Questo scenario solleva dubbi e criticità sull’effettiva applicabilità retroattiva delle sanatorie, creando incertezza sia per i proprietari che per i professionisti del settore immobiliare.
In questo articolo analizzeremo cosa accade quando un abuso è già stato contestato e come ciò possa influenzare l’accesso ai benefici del nuovo decreto.
Il decreto Salva-Casa, approvato nell’estate scorsa su iniziativa del vicepremier Matteo Salvini, ha portato una serie di cambiamenti significativi nel panorama dell’edilizia.
Tra le novità principali figurano:
A seguito dell’approvazione da parte della Conferenza Unificata all'inizio di aprile, le Regioni avranno tempo fino al 9 maggio per adeguarsi all’accordo, aggiornando i moduli Scia e Cila.
Successivamente, entro il 25 maggio, i Comuni dovranno recepire le indicazioni regionali e integrare le nuove disposizioni nelle procedure amministrative locali.
Come anticipato, cambiano i moduli necessari per autorizzare diversi tipi di interventi edilizi:
Iniziano a sorgere i primi nodi. Infatti, il decreto Salva Casa non può essere applicato in modo retroattivo: le nuove disposizioni non si estendono automaticamente agli abusi edilizi commessi in passato, i quali devono essere valutati secondo le norme vigenti al momento in cui sono stati realizzati.
Malgrado ciò, i Comuni hanno la facoltà di riesaminare alcuni casi, verificando se rientrino nei margini previsti dalle nuove regole. Resta comunque fermo il principio generale della non retroattività delle leggi.
Il Consiglio di Stato ha stabilito che le contestazioni di un Comune su un abuso edilizio impediscono l'applicazione retroattiva delle sanatorie introdotte dal decreto Salva Casa.
Il tema della flessibilità costruttiva è al centro del dibattito, soprattutto dopo l'ampliamento delle sue applicazioni introdotto dal decreto Salva Casa.
In sostanza, entro determinate soglie, il superamento dei limiti per aspetti come altezze, distanze, volumetria e superficie edificata non è considerato una difformità.
Prima della riforma, le tolleranze erano limitate al 2%, ma con il decreto è stato introdotto un sistema più flessibile, che consente un margine fino al 6% per gli edifici con superficie inferiore ai 60 metri quadri.
Il Consiglio di Stato ha recentemente esaminato un caso relativo a un abuso edilizio di lieve entità, che superava di poco il limite del 2% previsto dalla normativa edilizia precedente.
Con l’introduzione del nuovo decreto Salva Casa, questa irregolarità potrebbe ora rientrare nella soglia di tolleranza del 4% prevista per gli immobili con superficie tra 100 e 300 metri quadrati, rendendo l’intervento potenzialmente sanabile.
Tuttavia, la sentenza ribadisce un principio fondamentale: le nuove norme edilizie non sono retroattive. Ciò significa che le disposizioni del decreto Salva Casa non si applicano automaticamente ai procedimenti già avviati o alle decisioni definitive adottate dai Comuni in passato.
Nonostante l’impossibilità di applicare il decreto in modo retroattivo, la giurisprudenza riconosce ai Comuni la facoltà di riesaminare i casi pendenti, valutando se rientrino nei nuovi parametri introdotti.
Il Consiglio di Stato ha chiarito che ogni provvedimento amministrativo deve essere valutato in base alla normativa vigente al momento della sua adozione, senza considerare le successive modifiche di legge.