La risposta dell'Europa ai cataclismi dell'era Trump, nonostante i progressi sensibili delle ultime settimane, ancora deve essere formulata in maniera concreta, piena e condivisa. Ma nel frattempo, in pochi giorni, sono arrivati segnali significativi da parte delle destre europee che in qualche modo si ispirano a Trump e che dal nuovo governo americano sono spesso sostenute. Il voto locale nel Regno Unito, il primo turno delle presidenziali in Romania e la vicenda Afd in Germania rappresentano conferme della crescita della destra nel Vecchio Continente e danno spunti di riflessione importanti. Senza contare l'inizio zoppicante dell'era Merz e il messaggio molto chiaro giunto dalla sua stessa maggioranza al primo voto per la sua elezione al Bundestag: la sua non sarà una navigazione facile. E questa non è una buona notizia per l'Europa che cerca di trovare una nuova unità di fronte al cambiamento epocale che Trump sta portando negli equilibri globali e nel rapporto transatlantico ormai ridotto ai minimi termini, contando anche su un ritorno dell'asse franco-tedesco che al momento non sembra così facile.
In Europa sembra apparentemente accadere il contrario di quello che è successo in Canada e Australia, due Paesi storicamente alleati degli Usa. Ma i cittadini di questi Stati non hanno esitato a cambiare in corsa le loro intenzioni di voto premiando i partiti progressisti che si erano schierati contro Trump e punendo quelli che invece si erano schierati con il tycoon e che erano favoriti fino a qualche settimana fa. L'effetto Trump ha preso una sua strada netta a Ottawa e Canberra mentre in Europa le cose, almeno in queste settimane, sono andate in un altro modo.