10 May, 2025 - 10:38

Smart working: vietata la geolocalizzazione dei dipendenti, ecco perché

Smart working: vietata la geolocalizzazione dei dipendenti, ecco perché

Un altro passo in avanti sulla disciplina dello smart working è stato fatto, con il Garante per la protezione dei dati personali che ha chiarito che il datore di lavoro non può geolocalizzare i dipendenti.

Anche se l’azienda ha bisogno di controllare chi lavora in modalità agile, il datore di lavoro non può utilizzare strumenti tecnologici che vadano a inficiare la libertà e la dignità della persona.

Cosa si intende con smart working

Si è diffuso in modo capillare durante la pandemia da Covid-19, e molte aziende hanno continuato a utilizzarlo anche successivamente: lo smart working, o lavoro agile, è la modalità di svolgere una prestazione lavorativa da remoto.

Come si legge sul sito del Ministero dell’Istruzione e del Merito, lo smart working è caratterizzato:

virgolette
[…] dall'assenza di vincoli orari o spaziali e un'organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività.

La legge n. 81/2017 definisce lo smart working come una modalità di lavoro fondata su flessibilità organizzativa, autonomia nella gestione dei tempi e volontarietà delle parti, formalizzata attraverso un accordo individuale. Il lavoratore può utilizzare strumenti tecnologici come pc, tablet o smartphone per svolgere l’attività da remoto.

I lavoratori in smart working godono degli stessi diritti economici e normativi dei colleghi in presenza. Sono, altresì, tutelati in caso di infortuni e malattie professionali, secondo quanto stabilito dall’Inail nella circolare n. 48/2017.

Come comunicare lo smart working

In Italia, lo smart working ha trovato una solida affermazione soprattutto nelle organizzazioni più strutturate.

I dati del 2024 confermano che questa modalità di lavoro continua a essere ampiamente adottata e non mostra segnali di rallentamento.

A partire dal 12 gennaio 2025, con l’entrata in vigore della Legge 203/2024, i datori di lavoro saranno tenuti a comunicare l’avvio dello smart working entro cinque giorni dall’inizio dell’attività da remoto.

Questo adempimento sarà obbligatorio per tutte le imprese e per tutti i lavoratori subordinati, indipendentemente dal settore o dalla dimensione dell’azienda.

Il datore di lavoro non può geolocalizzare chi lavora in smart working

Nell’ottica della tutela della libertà e della dignità della persona, il Garante per la Privacy, con il provvedimento n. 135/2025, ha precisato il divieto di utilizzare la geolocalizzazione sui lavoratori dipendenti in smart working.

Il datore di lavoro non può utilizzare applicazioni installate sui dispositivi forniti in dotazione per conoscere la posizione geografica dei lavoratori che operano da remoto.

Il monitoraggio della posizione geografica dei dipendenti durante l’orario di lavoro, per verificare che l’attività lavorativa da remoto venga svolta in uno dei luoghi indicati nell’accordo individuale, non è ammesso dalla normativa vigente.

Di conseguenza, tale pratica è da considerarsi non conforme e assimilabile a un controllo a distanza non consentito.

Quali sono le altre implicazioni della geolocalizzazione

A quanto già detto, si aggiunge anche un altro tassello: la protezione dei dati personali. Il Garante evidenzia inoltre che il trattamento dei dati effettuato manca di un'adeguata base giuridica, violando così il principio di liceità, correttezza e trasparenza previsto dal Regolamento (UE) 2016/679.

Il Garante chiarisce che l’accordo con le rappresentanze sindacali non giustifica il monitoraggio dei dipendenti tramite geolocalizzazione, in quanto si tratta di un controllo non ammesso dalla normativa e contrario al principio di limitazione della finalità.

Precisa, inoltre, che il consenso del dipendente all’uso dell’app per rilevare la posizione non è valido, poiché nel contesto lavorativo non può essere considerato libero e quindi non costituisce una base giuridica legittima per il trattamento dei dati, indipendentemente dalla natura del datore di lavoro.

Per riassumere

Il Garante per la protezione dei dati personali ha chiarito che il datore di lavoro non può geolocalizzare i dipendenti che lavorano in smart working, poiché ciò violerebbe la loro libertà e dignità.

Inoltre, l’uso di strumenti di geolocalizzazione senza base giuridica adeguata è considerato una violazione della normativa sulla protezione dei dati personali.

AUTORE
foto autore
Sara Bellanza
condividi sui social
condividi su facebook condividi su x condividi su linkedin condividi su whatsapp
ARTICOLI RECENTI
LEGGI ANCHE