Roma caput mundi. Ieri, circa duecento delegazioni di Paesi provenienti da ogni angolo del mondo hanno assistito dal vivo, assieme a circa duecentomila fedeli giunti a piazza San Pietro, all'intronizzazione di Papa Prevost.
Il nuovo pontefice ha avuto modo, quindi, anche di incontrare i principali attori delle crisi internazionali. Ed è evidente come la cosa gli stia particolarmente a cuore avendo concesso udienza prima di tutti a Zelensky e avendo messo in agenda per la giornata di oggi un incontro con J. D. Vance.
Sta di fatto che tutto quest'attivismo da parte di Leone, dall'altra sponda del Tevere, non sembra essere visto con particolare favore.
Basta dare uno sguardo alle edizioni odierne dei giornali più vicini a Palazzo Chigi: da Libero al Giornale, dalla Verità al Tempo, tentano tutti di oscurare la diplomazia vaticana a vantaggio di quella di Giorgia Meloni che ieri, quasi in competizione con la Santa Sede, ha messo attorno allo stesso tavolo la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il numero due di Donald Trump.
Ma tant'é: Zelensky si è detto disponibile a trattare la pace con Putin nelle stanze vaticane. E Putin?
Giorgia Meloni si è autoproclamata "pontiera" tra Europa e Usa. Papa Prevost, invece, dice di voler essere il papa della pace:
ha ripetuto ieri. Ma se Putin decidesse davvero di porre fine alla guerra, la pace dove si firmerebbe? Su quale sponda del Tevere?
La capitale italiana sembra pronta a prendere il posto di Istanbul, laddove, la scorsa settimana, si attendeva il tanto sospirato vertice tra Zelensky e Putin. Ma lo zar ha fatto saltare tutto. E, a dirla tutta, anche ieri i russi sono mancati all'appuntamento mondiale. Apportando, tra l'altro, una scusa che non sta in piedi, sempre che si capiscano queste parole:
hanno tenuto la ministra della cultura Olga Ljubimova lontana da San Pietro.
Ma tant'è: Giorgia Meloni, dal canto suo, dopo la messa, ha riunito von der Leyen e Vance formalmente sui dazi, ma con la speranza di dare l'immagine di essere una protagonista della scena internazionale a trecentosessanta gradi.
ha scritto Concetto Vecchio su Repubblica. Ma, invece, tanto è bastato ai giornali di destra per salutare la riunione di Palazzo Chigi come un trionfo meloniano.
Ad accorgersene, questa mattina, è stato l'ex parlamentare Marco Taradash. Il quale, con un post su Facebook, è andato subito al punto
Insomma: i giornali di destra sono meloniani fino al midollo. Ancora una volta, hanno dimostrato la loro fedeltà alla premier senza batter ciglio.
Tuttavia, rimane il punto: ad oggi, gioca un ruolo più importante Giorgia Meloni o Robert Francis Prevost nella geopolitica internazionale?
Vladimir Zelensky, il presidente dell'Ucraina, non ha dubbi. Prevost, a differenza di Papa Francesco, ha detto fin dal primo momento che il suo Paese è vittima di una brutale aggressione. Per questo ha riconosciuto al Papa un ruolo di primo piano per la risoluzione della crisi che coinvolge il suo Paese.
Così, ieri, ha chiesto a Papa Leone di poter offrire il Vaticano come possibile luogo della tregua e della pace con la Russia. Secondo la ricostruzione di Claudio Tito di Repubblica, desidera da parte del Santo Padre "qualcosa di più di una semplice mediazione con il Cremlino":
Già, ma, posto che Zelensky ha ribadito di essere pronto a incontrare Putin dove e quando vuole, quest'ultimo lo si può immaginare davvero fare rotta su Roma? A dire la verità, l'ipotesi che raggiunga la Città del Vaticano è un po' difficile. Almeno a detta di George Weigel, biografo di Papa Giovanni Paolo II nonché animatore dell'Ethics and Public Policy Center:
ha confidato in un'intervista. Più in generale, ricordando la lotta del suo papa contro i regimi comunisti, Weigel l'ha messa così:
In ogni caso, da ciò che si deduce dalle parole di Weigel, allo zar servirebbe una sede meno impegnativa per siglare la tregua. Un diavolo nella Santa Sede forse è davvero troppo. Ma, dall'altra parte del Tevere, Giorgia Meloni incrocia le dita.