19 May, 2025 - 16:25

L'uomo bicentenario, cosa rende un film degli anni 2000 esser così attuale?

In collaborazione con
Roberta Gentile
L'uomo bicentenario, cosa rende un film degli anni 2000 esser così attuale?

L'Uomo Bicentenario è un capolavoro della filmografia americana, con attore protagonista l'immenso Robin Williams, che è giunto in Italia il 4 febbraio 2000.

Il film è tratto dal racconto lungo fantascientifico scritto nel 1976 da Isaac Asimov e si tratta di un adattamento cinematografico così superlativo da esser stato candidato agli Oscar per il miglior trucco: è incredibile, infatti, la cura nei dettagli presenti se la si osserva con la consapevolezza che non ci fossero gli stessi strumenti presenti ora. Ma cosa lo rende così profondo e così valido ancora oggi, 25 anni dopo?

Il film, in questione, è per l'appunto basato sulla storia di un robot con una sensibilità fin troppo umana che lo condurrà a voler diventare una persona vera e propria. Uno scenario che ai tempi sarebbe potuta sembrare surreale ma che ora trova, purtroppo, un riscontro effettivo nella realtà. La mancanza di tempo e la freddezza che ci conduce a ritmi sempre più serrati, per raggiungere una perfezione performativa impossibile ed inesistente, spinge l'uomo ad allontanarsi dai rapporti umani prediligendo la tecnologia. Sono sempre di più le relazioni stabilite tramite social che non troveranno mai un riscontro nella realtà e ancor di più quelle che si rivelano dei veri catfish. Ed una delle vittime è stata proprio la protagonista di un recente servizio de le Iene: la quasi ottantenne Amalia che, per mesi, ha creduto di esser fidanzata con il cantante Piero Barone inconsapevole che si trattasse di una truffa. Dopo aver avuto modo di parlare con il vero cantante, la vittima non ha potuto che metabolizzare, alla fine l'evento, con gli occhi lucidi affermando:

virgolette
ci rimango male perché pensavo fosse veramente lui: mi piaceva la dolcezza con cui mi parlava

L'uomo bicentenario, Andrew riflette l'intelligenza artificiale odierna?

Ne L'uomo Bicentenario, il fulcro della storia è basato non solo sull'affermazione individuale del robot Andrew, ma anche sul suo rapporto con l'amore e sulla relazione con Portia. È chiaro che in una costruzione immaginaria come accade in un film o in un libro, una storia del genere renda la trama particolare ed avvincente ma nella vita reale può la tecnologia esser dotata di emozioni?

Potrebbe sembrare un quesito ambiguo eppure i social sono ampiamente costellati da video in cui gli utenti dichiarano di prediligere una profonda conversazione con un'intelligenza artificiale invece che con una persona reale o con uno psicologo. In tanti evidenziano l'empatia di cui questi dispositivi sono sempre di più dotati: una somiglianza umana così accurata che spinge però alla perdita dell'umanità effettiva. Sarà dovuto alla sicurezza di poter tutelare le proprie fragilità e di poter esser se stessi perché non si deve andare incontro alle aspettative personali e di chi abbiamo di fronte? Sarà per paura di mettersi in gioco a causa della superficialità sempre di più dilagante? Ma è davvero meglio preferire un'illusione alla realtà?

Ovviamente si tratta di un percorso che condurrà prima o poi ad un senso di vuoto e di insoddisfazione perché nessun tipo di intelligenza artificiale potrà mai superare un abbraccio, uno sguardo o un silenzio pieno di complicità o un'anima che incontri per caso ma che decide di restare e di amarti per scelta.

L'uomo bicentenario, l'importanza della libertà

In una delle scene più belle del film, Andrew rivela la sua volontà di chiedere al proprio padrone di esser libero perché è la cosa più cara che l'uomo possiede. Ciò potrebbe innescare una sorta di paura nel pensare che prima o poi sia la tecnologia a voler avere il controllo su di noi e non viceversa, ma è importante analizzare un altro aspetto più profondo e meno apocalittico. Perché si considera opportuno che la tecnologia diventi sempre più autosufficiente ed invece si permette ancora agli altri di limitare la propria libertà individuale? Perché è definito strano e noioso avere delle relazioni sane ed equilibrate ,ma è normale avere dei rapporti che portino via gli spazi personali in quanto ogni hobby deve essere comune, ogni amicizia deve esser condivisa e soprattutto la donna non può vestirsi come vuole o avere amici maschi?

Seppur in amore la gelosia può esser presente c'è una netta differenza tra quest'ultima e la possessività: si prova voglia di possesso anche per chi non si vuole per nulla o per soddisfazione personale. Tra l'altro, non sapere più dove cominci uno e finisca l'altro potrebbe condurre ad una gabbia sociale in cui si è costretti a rimanere in un rapporto, senza sentimento, solo per non perdere tutto il resto. Il gioco vale davvero la candela? Ha senso poi rinunciare alla libertà di vivere come si vuole per soddisfare le aspettative ed esigenze altrui? Fare un lavoro perché conviene, scegliere il percorso di studi più cool, avere il look che vogliono gli altri e continuare ad avere nella nostra vita delle persone che non ci daranno mai ciò che vogliamo non porta solo a perdere se stessi e a non sapere più chi si è? Se, quindi, persino l'intelligenza artificiale tra le varie opzioni preimpostate può scegliere che risposta fornire, perché noi da umani dovremmo lasciare agli altri il potere di rispondere e decidere per noi?

A cura di Roberta Gentile

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