22 May, 2025 - 16:30

Social e finte malattie: quando la sofferenza si trasforma in profitto.

In collaborazione con
Margherita Maurich
Social e finte malattie: quando la sofferenza si trasforma in profitto.

I social media sono creati apposta per noi: la piattaforma è il palcoscenico, l’utente il protagonista. La percezione che si ha delle persone cambia a seconda di ciò che esse pubblicano. I soggetti che hanno difficoltà ad emergere in situazioni di vita quotidiana, sui social possono esprimere pienamente sé stessi e dimostrare al mondo come essi, in realtà, siano leoni travestiti da agnelli.

La ricerca costante di attenzione è un disturbo

È sempre piacevole quando ci si sente visti e capiti. La ricerca di attenzione, però, se eccessiva è sintomo di un disturbo. Fortemente seduttivi e manipolatori, le persone soggette a disturbo istrionico rappresentano un chiaro esempio di red flag tra emotività instabile, egocentrismo e facile suggestionabilità. Odiano essere esclusi, e mai preferire qualcuno a loro. Mutevoli come i camaleonti, si adattano perfettamente ad ogni ambiente, svelando nuovi interessi e personalità a seconda di chi li circonda. Quale ambiente migliore dei social per attirare un po' di attenzione su di sé?

La spettacolarizzazione del dolore

Già in epoca aristotelica si trova il dolore messo in scena: la tragedia rappresenta vicende di sofferenza a imitazione della realtà per ottenere un effetto catartico. Gli esseri umani sono attratti dalle catastrofi: se c’è un incidente per strada, tutti vogliono vedere e sapere cosa sia successo. Oltre alla curiosità morbosa, entra in gioco anche l’empatia che si prova per le persone coinvolte. Non è un caso che le notizie negative tendano ad avere più successo rispetto a quelle positive. Sicuramente, incide il fatto che si è sempre esposti a eventi tragici, ma l’emotività e l’attenzione per l’impatto che esse possano avere nella propria vita giocano un ruolo fondamentale. 

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Sei puntate che trascinano lo spettatore in una vicenda che sembra completamente surreale: due donne che decidono di curare i loro tumori attraverso l’alimentazione. Entrambe riportano la loro esperienza sui social, influenzando i loro seguaci.

Se Milla Blake persegue il suo scopo di trattare il proprio tumore della pelle con metodi naturali perché ci crede realmente, Belle Gibson, invece, lo fa puramente a scopo di lucro. Così come si inventa il suo tumore al cervello per elemosinare le attenzioni della gente. Solo una serie Netflix poteva inventarsi una storia simile. Invece, è successo davvero.

La vera storia di Belle Gibson e del suo blog The Whole Pantry

Nel 2013 Belle Gibson inizia a postare su Instagram le sue ricette: sane e miracolate, visto che l’hanno salvata da un cancro terminale al cervello. Il suo blog The Whole Pantry ha un enorme successo, tanto che arrivano l’app di ricette, un libro di cucina e il suo brand. Non mancano anche le opere di beneficenza: si impegna ad aiutare numerose associazioni benefiche.

Nello specifico, si sottolinea come i genitori di un bambino con un tumore al cervello, con cui la Gibson aveva fatto amicizia, scoprano come raccolga soldi per il figlio a loro nome senza che essi ne fossero a conoscenza né avessero mai ricevuto i fondi. La facilità di diffondere false informazioni online Il caso Belle Gibson è eclatante in quanto frode legata alla salute sui social media. Nel 2017 è stata condannata dalla Corte federale australiana a pagare una multa che non è mai stata saldata.

È incredibile pensare che una persona possa arrivare a fingere di avere il cancro e a sfruttare coloro che, invece, lo combattono ogni giorno solamene per i propri interessi. Questa vicenda mostra come sia facile diffondere false informazioni sulla salute online, facendo leva sull’empatia e la vulnerabilità delle persone.

La sindrome di Münchhausen

Fingere una malattia per ricevere attenzioni è un disturbo psicologico. La sindrome di Münchhausen prende il nome dall’omonimo barone tedesco che era noto per inventare fantasiose storie di cui era protagonista. I soggetti che ne soffrono simulano i sintomi della malattia, talvolta procurandosi anche lesioni, e manipolano i risultati degli esami medici per suscitare compassione e interesse nei loro confronti. Esistono casi in cui è il caregiver che ne soffre come quello di Gypsy Rose Blanchard: era, infatti, sua madre ad essere convinta che lei fosse affetta da numerose malattie costringendola ad una vita sulla sedia a rotelle e piena di farmaci.

Cercare visibilità strumentalizzando malattie e dolore I social media non sono ancora attrezzati per garantire la veridicità delle notizie pubblicate. Fingersi malati è un modo squallido per ottenere visibilità e guadagno. Oltre alle potenziali conseguenze, c’è un danno più subdolo: chi è realmente affetto da queste malattie vede la propria esperienza svilita. Il dolore e il disagio provati quotidianamente diventano strumenti in mano a persone che li usano per un tornaconto personale.

A cura di Margherita Maurich

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