I social media sono creati apposta per noi: la piattaforma è il palcoscenico, l’utente il protagonista. La percezione che si ha delle persone cambia a seconda di ciò che esse pubblicano. I soggetti che hanno difficoltà ad emergere in situazioni di vita quotidiana, sui social possono esprimere pienamente sé stessi e dimostrare al mondo come essi, in realtà, siano leoni travestiti da agnelli.
È sempre piacevole quando ci si sente visti e capiti. La ricerca di attenzione, però, se eccessiva è sintomo di un disturbo. Fortemente seduttivi e manipolatori, le persone soggette a disturbo istrionico rappresentano un chiaro esempio di red flag tra emotività instabile, egocentrismo e facile suggestionabilità. Odiano essere esclusi, e mai preferire qualcuno a loro. Mutevoli come i camaleonti, si adattano perfettamente ad ogni ambiente, svelando nuovi interessi e personalità a seconda di chi li circonda. Quale ambiente migliore dei social per attirare un po' di attenzione su di sé?
Già in epoca aristotelica si trova il dolore messo in scena: la tragedia rappresenta vicende di sofferenza a imitazione della realtà per ottenere un effetto catartico. Gli esseri umani sono attratti dalle catastrofi: se c’è un incidente per strada, tutti vogliono vedere e sapere cosa sia successo. Oltre alla curiosità morbosa, entra in gioco anche l’empatia che si prova per le persone coinvolte. Non è un caso che le notizie negative tendano ad avere più successo rispetto a quelle positive. Sicuramente, incide il fatto che si è sempre esposti a eventi tragici, ma l’emotività e l’attenzione per l’impatto che esse possano avere nella propria vita giocano un ruolo fondamentale.
Sei puntate che trascinano lo spettatore in una vicenda che sembra completamente surreale: due donne che decidono di curare i loro tumori attraverso l’alimentazione. Entrambe riportano la loro esperienza sui social, influenzando i loro seguaci.
Se Milla Blake persegue il suo scopo di trattare il proprio tumore della pelle con metodi naturali perché ci crede realmente, Belle Gibson, invece, lo fa puramente a scopo di lucro. Così come si inventa il suo tumore al cervello per elemosinare le attenzioni della gente. Solo una serie Netflix poteva inventarsi una storia simile. Invece, è successo davvero.
Nel 2013 Belle Gibson inizia a postare su Instagram le sue ricette: sane e miracolate, visto che l’hanno salvata da un cancro terminale al cervello. Il suo blog The Whole Pantry ha un enorme successo, tanto che arrivano l’app di ricette, un libro di cucina e il suo brand. Non mancano anche le opere di beneficenza: si impegna ad aiutare numerose associazioni benefiche.
Nello specifico, si sottolinea come i genitori di un bambino con un tumore al cervello, con cui la Gibson aveva fatto amicizia, scoprano come raccolga soldi per il figlio a loro nome senza che essi ne fossero a conoscenza né avessero mai ricevuto i fondi. La facilità di diffondere false informazioni online Il caso Belle Gibson è eclatante in quanto frode legata alla salute sui social media. Nel 2017 è stata condannata dalla Corte federale australiana a pagare una multa che non è mai stata saldata.
È incredibile pensare che una persona possa arrivare a fingere di avere il cancro e a sfruttare coloro che, invece, lo combattono ogni giorno solamene per i propri interessi. Questa vicenda mostra come sia facile diffondere false informazioni sulla salute online, facendo leva sull’empatia e la vulnerabilità delle persone.
Fingere una malattia per ricevere attenzioni è un disturbo psicologico. La sindrome di Münchhausen prende il nome dall’omonimo barone tedesco che era noto per inventare fantasiose storie di cui era protagonista. I soggetti che ne soffrono simulano i sintomi della malattia, talvolta procurandosi anche lesioni, e manipolano i risultati degli esami medici per suscitare compassione e interesse nei loro confronti. Esistono casi in cui è il caregiver che ne soffre come quello di Gypsy Rose Blanchard: era, infatti, sua madre ad essere convinta che lei fosse affetta da numerose malattie costringendola ad una vita sulla sedia a rotelle e piena di farmaci.
Cercare visibilità strumentalizzando malattie e dolore I social media non sono ancora attrezzati per garantire la veridicità delle notizie pubblicate. Fingersi malati è un modo squallido per ottenere visibilità e guadagno. Oltre alle potenziali conseguenze, c’è un danno più subdolo: chi è realmente affetto da queste malattie vede la propria esperienza svilita. Il dolore e il disagio provati quotidianamente diventano strumenti in mano a persone che li usano per un tornaconto personale.
A cura di Margherita Maurich