La pensione rappresenta un diritto consolidato, ma non sempre sufficiente a garantire condizioni di vita dignitose in Italia, soprattutto per chi percepisce importi mensili bassi. A fronte di un sistema contributivo sempre più stringente e di carriere lavorative discontinue, molti pensionati si trovano sotto la soglia del trattamento minimo.
Per sostenere queste categorie, l’ordinamento prevede aumenti legati all’età, sotto forma di maggiorazioni sociali, che entrano in gioco al raggiungimento di determinate fasce anagrafiche. Oggi interessano milioni di persone e, in alcuni casi, permettono di innalzare sensibilmente l’importo della pensione.
Ma quali sono le età previste per accedere agli aumenti? Da quali soglie reddituali dipendono? A quanto ammontano le maggiorazioni nei vari scaglioni di età?
Prima di scoprirlo insieme, vi lasciamo al video YouTube di Mr LUL lepaghediale sulle novità e le date di pagamento della pensione di luglio 2025.
La prima soglia da considerare è quella dei 60 anni. Superata questa età, i titolari di pensioni dirette (vecchiaia, anticipata, invalidità) o indirette (reversibilità) che si trovano in una situazione economica disagiata possono accedere a un aumento mensile fisso: la cosiddetta maggiorazione sociale base.
Nel 2025, chi ha tra 60 e 64 anni e rispetta i limiti di reddito può ricevere un’integrazione pari a 25,83 euro al mese. Si tratta di un valore che non varia annualmente come le pensioni ordinarie, ma resta stabile finché la legge non interviene con modifiche specifiche.
La maggiorazione può essere riconosciuta anche a chi percepisce assegno sociale o altre prestazioni assistenziali (invalidi civili, ciechi, sordomuti). Sono invece esclusi i pensionati iscritti alla Gestione Separata INPS.
Il secondo scaglione scatta al compimento dei 65 anni. In questa fascia, sempre in presenza dei requisiti reddituali, l’importo dell’integrazione cresce sensibilmente.
Per il 2025, la maggiorazione mensile per chi ha tra 65 e 69 anni è di 82,64 euro. L’aumento è pensato per accompagnare l’invecchiamento e rispondere alle maggiori esigenze di spesa legate all’età.
Esiste anche una norma che consente di anticipare ulteriormente la soglia per ottenere il massimo incremento, grazie al meccanismo della scala contributiva. Per ogni 5 anni di contributi, si può ridurre di 1 anno l’età anagrafica richiesta per accedere all’aumento massimo (detto "incremento al milione").
Chi ha maturato almeno 25 anni di contributi può ottenere la pensione già a 65 anni, anziché attendere i 70. Tale riduzione non si applica, però, ai titolari di pensione di inabilità riconosciuta ex Legge 222/1984: in quel caso, l’aumento si applica a 60 anni senza sconti contributivi.
Il livello massimo delle maggiorazioni si raggiunge con il compimento dei 70 anni. A questa età, i pensionati con redditi molto bassi possono ottenere l’incremento al milione, un’espressione nata nei primi anni Duemila per indicare l’equivalente di circa 1 milione di lire mensili, ovvero circa 740 euro attuali.
Nel dettaglio, l’aumento previsto è pari a 136,44 euro mensili. Tuttavia, per chi riceve anche la quattordicesima mensilità, l’incremento viene leggermente ridotto a 124,44 euro, per mantenere il totale entro i limiti di legge.
Per accedere a questa soglia, valgono i consueti limiti di reddito. Nel 2025:
In presenza di sforamenti minimi, è previsto un aumento parziale: l’importo dell’integrazione viene ridotto proporzionalmente per mantenere il reddito totale entro la soglia. Questo calcolo viene effettuato suddividendo la differenza tra reddito reale e limite legale sulle 13 mensilità.
Gli aumenti sono esenti da Irpef e si applicano su pensioni erogate da INPS, comprese quelle dei dipendenti pubblici, con l’eccezione dei trattamenti derivanti dalla Gestione Separata.
Con l’aumento anagrafico, dunque, non cresce solo l’età, ma può crescere - se si rispettano i requisiti - anche la pensione.