Re Carlo III ha pregato insieme al Papa Leone XIV nella Cappella Sistina: questo storico gesto di dialogo tra le due Chiese, cattolica e anglicana, ha scatenato la reazione polemica di monsignor Carlo Maria Viganò, scomunicato nel 2024 per scisma.
Su X (ex Twitter), Viganò ha definito l’incontro un'umiliazione della Chiesa dinanzi ad un "eretico massone globalista”. Il suo sfogo è emblematico di una tensione che divide profondamente il mondo cattolico italiano e internazionale.
Per la prima volta in cinquecento anni dalla Riforma anglicana, un Papa e il sovrano britannico, capo della Chiesa d’Inghilterra, hanno pregato insieme in Vaticano.
Alla funzione erano presenti anche la regina Camilla e l’arcivescovo di York Stephen Cottrell.
L’evento è stato accompagnato dal canto di cori provenienti dalla Sistina, da Windsor e dalla cappella reale di St. James Palace.
Un gesto di ecumenismo e riconciliazione, sottolineato dallo scambio di doni: Re Carlo ha omaggiato il Papa con una fotografia in argento e un’icona di Sant’Edoardo il Confessore, mentre Leone XIV ha ricambiato con una riproduzione in scala del mosaico di Cristo Pantocratore.
Re Carlo diventerà inoltre “Royal Confrater” dell’Abbazia e della Basilica di San Paolo fuori le Mura.
Monsignor Viganò ha affidato a X la sua dura reazione: “Migliaia di Martiri massacrati dalla furia anticattolica di Enrico VIII, Edoardo VI, Elisabetta I, Giacomo I, Carlo I e Carlo II si staranno chiedendo – increduli – come sia possibile che l’odierno successore di Clemente VII comunichi in sacris con il capo della chiesa d’Inghilterra (anch’egli divorziato e risposato come il sanguinario Tudor) e dei laici eretici vestiti da Prelati”.
Il riferimento è chiarissimo: Viganò accusa la Chiesa di aver svenduto la propria identità e memoria storica per accontentare una narrazione ecumenica che, a suo dire, offende i martiri cattolici perseguitati dagli inglesi.
La denuncia prosegue con parole ancora più esplicite: “E Carlo III, oltre ad essere eretico come Enrico VIII, è pure neomalthusiano e apertamente schierato con l’élite del Nuovo Ordine Mondiale”.
Il presule, già protagonista di duri attacchi al pontificato di Francesco e ora Leone XIV, identifica nel re britannico - accusato di simpatie per le agende ambientaliste e il grande reset - l’incarnazione della minaccia contemporanea alla fede cattolica tradizionale.
Quella di Viganò non è una polemica isolata. Da anni, l’ex nunzio, scomunicato dall’autorità vaticana nel 2024, conduce una crociata contro il presunto cedimento della Chiesa alla modernità, all’ecumenismo e all’agenda globalista.
Le sue dichiarazioni, spesso rilanciate da siti vicini al tradizionalismo e all’area sovranista, sono segnate da un linguaggio aspro: il Papa sarebbe “complice degli eversori” e tutti i papi conciliari, da Giovanni XXIII a Benedetto XVI, sarebbero responsabili di aver avviato una “rivoluzione permanente” che avrebbe sfigurato la Chiesa cattolica.
Le critiche di Viganò, estese anche a Papa Leone XIV, affondano le radici in una visione teologica per cui l’ecumenismo e il dialogo tra le fedi non sarebbero che una forma di resa agli “eretici” e ai “massoni”.
Nella narrazione di Viganò, il Nuovo Ordine Mondiale e i progetti ambientalisti rappresentano l’apice della sovversione spirituale e morale.
Le accuse di Viganò contro Re Carlo III non sono nuove. Il sovrano britannico, per la sua posizione di capo della Chiesa d’Inghilterra e per la sua attenzione alle tematiche ambientaliste e globali, è dipinto dagli antisistema come alfiere di una spiritualità “eretica” e amico delle élite transnazionali.
Il gesto della preghiera comune viene così interpretato come il segno della volontà di abbattere ogni confine tra le fedi, a scapito della purezza dottrinale.
La reazione di Viganò ha riacceso un dibattito mai sopito dentro e fuori la Chiesa cattolica.
Da una parte, c’è chi saluta l’evento in Sistina come una pietra miliare nell’ecumenismo, capace di riavvicinare mondi divisi da cinque secoli di storia e conflitti religiosi.
Dall’altra, il fronte tradizionalista grida allo scandalo e rivendica la fedeltà a una visione identitaria, che vede negli attuali pontefici e nella prassi ecumenica l’origine di ogni decadenza.
Monsignor Viganò, con la sua “invettiva social”, incarna la parte più aspra e radicale di questa frattura.