19 Jul, 2025 - 13:52

Chi era Vincenzo Fabio Li Muli? Biografia e vita privata del carabiniere della scorta di Paolo Borsellino

Chi era Vincenzo Fabio Li Muli? Biografia e vita privata del carabiniere della scorta di Paolo Borsellino

Nel cuore delle tragedie che hanno segnato la storia recente d’Italia, un nome emerge spesso durante le commemorazioni delle vittime di mafia: Vincenzo Fabio Li Muli. 

Fu il più giovane agente della scorta del giudice Paolo Borsellino, ucciso il 19 luglio 1992 nella strage di via D’Amelio. La sua storia è quella di un ragazzo con sogni semplici, una profonda passione per la giustizia e un’attaccamento sincero alla famiglia e ai valori che aveva fatto propri fin dall’infanzia.

Vincenzo Fabio Li Muli: origini e genitori

Fabio Li Muli nacque a Palermo il 19 marzo 1970, in una famiglia unita e semplice. Cresciuto in un ambiente dove il rispetto e la gentilezza erano punti fermi, Fabio era circondato dall’affetto dei genitori e delle sue sorelle, Sabrina e Tiziana.

L’infanzia di Fabio era segnata dallo sport – soprattutto il pallone – e da quelle passioni che lo accompagnarono per tutta la vita, come la passione per le moto e le auto da corsa.

Quotidianamente, in casa Li Muli si respirava la forza di legami familiari autentici, mentre il giovane Fabio si distingueva per la sua voglia di vivere e i modi gentili.

La madre, alle prese con i timori di una Palermo diventata sempre più pericolosa, intuì presto che la scelta del figlio di entrare in Polizia avrebbe portato sacrifici e inquietudini.

Eppure, Fabio aveva le idee molto chiare fin da bambino: indossare la divisa era il suo sogno più grande, un desiderio coltivato con determinazione e trasmesso tramite i racconti familiari e le confidenze con le sorelle.

Vincenzo Fabio Li Muli: niente moglie né figli ma una fidanzata

Fabio non fece in tempo a realizzare il sogno di una famiglia propria, ma nella sua giovane vita c’era spazio per sentimenti sinceri e profondi. Al suo fianco c’era la fidanzata Vittoria, con cui stava progettando il matrimonio e una vita insieme.

I due erano legati dai sogni comuni di serenità e futuro, nonostante il clima di tensione e paura che si viveva a Palermo nei primi anni Novanta.

Fabio era noto tra amici e parenti anche per la sua dolcezza e la sua capacità di compassione, qualità che trasparivano nelle conversazioni e nei piccoli gesti quotidiani con la futura moglie.

Il progetto di una famiglia con figli e una casa felice era uno degli obiettivi che Fabio e Vittoria condividevano, ma la brutalità della mafia spezzò questi sogni prima che potessero prendere forma concreta. Il ricordo del loro amore è ancora oggi vivo tra chi lo conosceva, testimone di una vita interrotta troppo presto.

Carriera

Fabio Li Muli si arruolò nella Polizia di Stato nel 1990, seguendo quella che era per lui una vera vocazione. Dopo breve tempo, nel 1992, divenne agente effettivo e fu assegnato all’ufficio scorte della Questura di Palermo. Il suo ingresso in servizio coincidette con uno dei periodi più difficili nella lotta contro la criminalità organizzata in Sicilia.

Scosso dalle immagini della strage di Capaci, il 23 maggio 1992, Fabio scelse con coraggio di chiedere l’assegnazione alla scorta del giudice Paolo Borsellino, ben consapevole dei rischi a cui sarebbe andato incontro.

Ogni giorno, affrontava con senso del dovere e dedizione la responsabilità di proteggere uno degli uomini-simbolo della giustizia italiana. Era apprezzato da colleghi e superiori per il suo impegno, ma anche per il suo carattere silenzioso e genuino.

Negli ultimi mesi della sua vita, Fabio visse con grande discrezione il peso di quella divisa, senza mai lasciar trasparire le paure alla famiglia. Nelle notti insonni trovava forza nella dignità e nell’orgoglio di essere parte di una battaglia così importante per il Paese.

Come è morto Vincenzo Fabio Li Muli?

Il 19 luglio 1992, una gigantesca esplosione in via D’Amelio a Palermo segnò uno spartiacque nella storia della lotta alla mafia. In quell’attentato, organizzato da Cosa nostra, morirono il giudice Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta, tra cui Fabio Li Muli.

Quel giorno, la mafia spezzò le vite di sei persone e colpì al cuore lo Stato. Fabio aveva solo 22 anni ed era il più giovane degli agenti rimasti uccisi.

La sua morte — insieme a quella dei colleghi Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi e Claudio Traina — è diventata simbolo di coraggio e sacrificio.

Oggi, per molti, il volto di Fabio Li Muli rappresenta il prezzo altissimo pagato da una generazione di giovani agenti che, pur sapendo di mettersi in pericolo, scelsero di difendere lo Stato fino all’estremo sacrificio.

Palermo e l’Italia lo ricordano ogni anno con affetto e gratitudine, certi che il suo esempio resterà vivo nella memoria collettiva.

LEGGI ANCHE