Piergiorgio Odifreddi torna al centro delle polemiche dopo le sue recenti dichiarazioni che hanno fatto scalpore nell’opinione pubblica. Il matematico e divulgatore, già noto per le sue posizioni critiche verso la religione e il pensiero conservatore, aveva suscitato indignazione sostenendo che "uccidere Charlie Kirk non è come uccidere Martin Luther King". Una frase che, pur volendo distinguere la portata simbolica e morale della violenza, è stata interpretata da molti come una pericolosa giustificazione o una provocazione di cattivo gusto.
Ora, intervenendo a "Battitori liberi" su Radio Cusano Campus per chiarire il suo pensiero, Odifreddi ha utilizzato un’analogia ancora più forte e controversa: "Crocifiggere Gesù Cristo non è come fare un attentato a Hitler. Uccidere un predicatore di pace non è come uccidere un predicatore di odio".
Secondo Odifreddi, il senso delle sue parole non va letto come un incitamento alla violenza, ma come una riflessione sul significato storico e morale che assume un omicidio, al di là del gesto materiale. "La differenza – ha dichiarato – sta nel peso simbolico delle vittime: eliminare un personaggio che ha predicato l’amore per il prossimo non è paragonabile all’eliminare chi ha predicato l’odio e lo sterminio. Confondere questi piani è un errore concettuale oltre che storico".
Il matematico ha quindi cercato di ricondurre la discussione su un piano logico, sottolineando che la storia giudica gli assassinii non solo per il loro aspetto criminale, ma anche per le conseguenze culturali e sociali che comportano. È in quest’ottica che si inserisce il richiamo a due figure agli antipodi: Gesù Cristo, simbolo universale di pace, e Adolf Hitler, emblema della violenza totalitaria.
Come prevedibile, il nuovo paragone non ha fatto che riaccendere la discussione. Molti esponenti politici, soprattutto dell’area conservatrice e cattolica, hanno parlato di provocazione inaccettabile. Alcuni hanno accusato Odifreddi di mancare di rispetto sia alle vittime della Shoah sia al sentimento religioso dei credenti.
Dal mondo progressista, invece, le reazioni sono più sfumate: se una parte dei commentatori riconosce la validità logica del concetto espresso, dall’altra non manca chi sottolinea l’opportunità di usare maggiore cautela, soprattutto in un dibattito già segnato da tensioni ideologiche. "Il rischio – sostengono – è che la provocazione finisca per oscurare il contenuto della riflessione stessa, trasformandosi in un boomerang mediatico".
Il nodo centrale resta la differenza tra personaggi che hanno segnato la storia in modo opposto. Gesù Cristo, nel racconto dei Vangeli, subì la condanna a morte pur avendo predicato l’amore, la fratellanza e la non violenza. Un omicidio che nella fede cristiana assume un significato universale di sacrificio e redenzione.
Adolf Hitler, al contrario, è passato alla storia come il principale responsabile di un’ideologia di odio e sterminio, che ha condotto alla Seconda guerra mondiale e alla Shoah. Mettere sullo stesso piano l’assassinio di questi due personaggi, sostiene Odifreddi, significherebbe ignorare la radicale differenza di valori e di impatto storico.
Non è la prima volta che Odifreddi utilizza il paradosso o la provocazione per stimolare il dibattito pubblico. La sua cifra comunicativa è sempre stata quella di spingersi oltre i limiti del linguaggio tradizionale, con l’obiettivo dichiarato di smascherare le contraddizioni dell’opinione comune. Tuttavia, la strategia comporta rischi significativi: ciò che per alcuni è un esercizio intellettuale, per altri diventa una ferita aperta.
Il risultato è che il senso del messaggio rischia di perdersi in mezzo al clamore della polemica. Gli avversari ne colgono la parte più offensiva, i sostenitori ne difendono la coerenza logica, e il dibattito finisce per polarizzarsi ulteriormente.