Il caso di Garlasco, che dal 13 agosto 2007 continua a occupare le cronache giudiziarie e l’immaginario collettivo, non ha mai smesso di sollevare interrogativi. La tragica morte di Chiara Poggi, la studentessa ventiseienne trovata senza vita nella sua abitazione, ha dato il via a uno dei processi più discussi degli ultimi decenni. Dopo anni di inchieste, riesami e sentenze, il fidanzato Alberto Stasi è stato definitivamente condannato a 16 anni per l’omicidio. Eppure, c’è chi continua a non ritenere chiusa la vicenda.
Tra questi, l’avvocato Gian Luigi Lovati, già noto per essersi interessato ad alcune delle zone d’ombra dell’inchiesta. La sua posizione è tornata di attualità per una tesi che definire “shock” non è esagerato: secondo il legale, per comprendere davvero quanto accaduto a Garlasco, bisognerebbe indagare i legami con la cosiddetta “massoneria bianca”. Una teoria che rimette al centro il tema dei poteri occulti e delle possibili influenze nascoste in contesti che, almeno in apparenza, sembrerebbero lontani da dinamiche esoteriche o associative.
Lovati non ha mai nascosto la sua convinzione che il caso Poggi contenga elementi che non sarebbero stati adeguatamente approfonditi. Di recente, ha affermato che le istituzioni e la giustizia avrebbero dovuto volgere lo sguardo anche verso una rete più vasta, andando oltre la figura di Alberto Stasi. In particolare, ha parlato di “massoneria bianca”, un concetto per molti oscuro, evocativo e, non a caso, destabilizzante.
Secondo il legale, per spiegare alcune anomalie e silenzi sarebbe necessario ipotizzare una trama legata a circoli elitari, capaci di esercitare un’influenza sottile, ma incisiva, nella società e persino nella gestione delle indagini. Una teoria difficile da provare, che rischia di sembrare al confine tra cronaca giudiziaria e suggestione. Tuttavia, non è raro che attorno a grandi delitti irrisolti o controversi vi sia chi ipotizza la presenza di forze non visibili, in grado di determinare equilibri sotterranei.
Ma che cosa si intende concretamente con “massoneria bianca”? Il termine non compare nei testi ufficiali delle logge storiche, bensì nei saggi e nelle inchieste giornalistiche degli ultimi decenni. Con questa espressione si vuole indicare un insieme di rapporti di potere e influenza che, pur non riconducibili alla massoneria tradizionale (quella con logge, riti e gradi iniziatici), ne mutuano alcuni meccanismi.
La “massoneria bianca” viene spesso descritta come una rete informale, fondata più sul capitale relazionale, sull’appartenenza a determinati ambienti sociali, religiosi e culturali che su rituali segreti. Non ha sedi ufficiali o simboli evidenti, ma si muoverebbe attraverso contatti personali, favori incrociati e appartenenze discrete. È stata più volte associata ad aree cattoliche, soprattutto a quelle che nel Dopoguerra hanno esercitato un peso politico e finanziario molto forte nel Paese.
A differenza della massoneria classica, che per secoli è stata accusata di operare come “società segreta” parallela alle istituzioni ufficiali, la massoneria bianca si presenta come una realtà ancora più difficile da individuare: invisibile, fluida, priva di strutture rigide, eppure capace di orientare carriere, equilibri politici e decisioni giudiziarie. Alcuni studiosi la descrivono come “l’altra faccia” del potere occulto italiano, in contrapposizione o in alleanza con la massoneria tradizionale a seconda dei momenti storici.
Attribuire al delitto di Garlasco un legame con la massoneria bianca significa, di fatto, spostare il discorso dall’ambito individuale a quello sistemico. Non più soltanto un delitto passionale o un dramma privato, ma un crimine circondato da un alone di mistero che può essere interpretato alla luce di influenze più ampie.
Lovati non ha mai presentato prove concrete di un coinvolgimento diretto, ma il semplice evocare l’ipotesi obbliga a riflettere su quanto il caso Poggi sia diventato, negli anni, specchio di fragilità investigative e processuali. La sua uscita pubblica non è solo una provocazione: porta con sé un invito a guardare oltre, a non accontentarsi delle spiegazioni ufficiali, a chiedersi se davvero tutto è stato detto e chiarito.
Resta una questione cruciale: siamo davanti a una pista investigativa ignorata o solo a un’elaborazione suggestiva? Molti magistrati e studiosi di cronaca giudiziaria tendono a ridimensionare queste teorie, considerandole poco più che costruzioni speculative. Tuttavia, la forza di concetti come quello di massoneria bianca sta proprio nella loro vaghezza, che consente di spiegare l’inesplicabile e di dare corpo a dubbi persistenti.
Sia che si tratti di un tassello mancante della vicenda, sia che rimanga una suggestione affascinante, l’uscita di Lovati conferma che il caso di Chiara Poggi continua a interrogare il Paese non solo sul piano giudiziario, ma anche su quello sociale e culturale. Un mistero che, a distanza di quasi vent’anni, non smette di alimentare suspicioni, domande e letture alternative.