Non c’è contrapposizione ideologica tra i due blocchi - solo violenza - né viene fornita al pubblico una chiave di lettura per scorgere nella pellicola altro da ciò che è realmente. Il nuovo ordine di Michel Franco non è che immagini di violenza che affollano lo schermo per i quasi novanta minuti. Il monito - che non manca di trasparire in ogni scena - è che se non debitamente affrontate le disparità esplodono in moti violenti, le classi più disagiate sono pronte a rovesciare il potere per restituirne lo scettro a milizie e gruppi paramilitari anche ben peggiori dei regimi precedenti.
Un racconto intenso e verosimile, ma orfano di qualsiasi suggestione cinematografica non può che limitarsi a scalfire la superficie di una questione tanto profonda, indagarne gli effetti ma non le cause. Avarizia, vendetta, odio sociale, sono questi gli unici temi che animano le violenze raccontate da Franco? Si perché l’unico elemento di potenziale astrazione della storia, la vernice verde insegna dei rivoltosi, non decolla e cade nel dimenticatoio dopo il primo quarto d’ora.
Gran premio della giuria, Nuevo orden si prefigge di esplorare le disuguaglianze sociali, ma l’indagine si ferma ancora prima di iniziare, soffocata dalla rappresentazione documentaristica di dinamiche ben note. Peccato.
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