Estirpare alla radice la tossicità di certe relazioni o convivere con esse. Flettere la propria natura in funzione dell’altro o mantenere la giusta integrità. Questi sono alcuni dei nodi dell’esistenza di Eleanor Marx, divisa tra la lotta pubblica e appassionata per i diritti e la loro assoluta negazione nella dimensione privata.
Questa abissale difformità tra le due sfere, pubblica e privata – racconta la regista Susanna Nicchiarelli – apre un abisso sulla complessità dell’animo umano che trascende la figura della giovane erede di Marx. La sua è una storia di emancipazione e profonde contraddizioni, tema talmente attuale da preservare a distanza di secoli una fortissima carica rivoluzionaria. Discordanze in grado, forse, di aiutarci a cogliere e comprendere alcune verità riguardo all’epoca in cui viviamo.
Il rock, colonna sonora di questo interessante biopic, e un utilizzo punk rock dei materiali e filmati d’archivio innestati ad arte in alcune sequenze del film, danno una sferzata di energia ad un’operazione di ricostruzione storica e autobiografica altrimenti compilativa. Gli sguardi, le analisi, le conclusioni della figlia prediletta di Karl Marx pronunciate guardando in camera irretiscono lo spettatore, ma è proprio la relazione con la figura paterna che manca, superficiale e non scandagliata a dovere.
C’è una scena particolarmente potente che la Nicchiarelli ha voluto provocatoria e impattante: tra la folla degli operai in protesta, Eleonor nota un bambino che quasi sembra volerla prende per mano, lo segue tra i vicoli sino a una stanza sporca e buia. Lì una madre esanime giace a terra sfinita accanto al figlio che le ha divorato i seni, svuotati da ogni forma di nutrimento. Non c’è sollievo per quella Madre ne facile e immediata soluzione.
In concorso a Venezia77, con la sua Miss Marx Susanna, Nicchiarelli sceglie di non dare risposte. Pur gettando luce su una figura poco nota, la regista romana non indaga i perché che motivano lo stato di oppressione e soggezione coniugale della sua protagonista.
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