Kim Rossi Stuart veste i panni di un uomo insoddisfatto, la cui vita attraversa una fase di stallo. Regista fallito - il produttore mette in piedi a fatica il prossimo progetto - si separa dalla moglie Anna, una donna forte e responsabile, stufa del suo egocentrismo e pronta a rimpiazzarlo. Lascia due figli adolescenti, Adele e Tito, con i quali non riesce a stabilire il legame che vorrebbe.
Padre scostante e inaffidabile, marito ingombrante e a tratti logorroico, professionalmente irrilevante, Bruno Salvati conduce un’esistenza sbagliata, in fuga dalle responsabilità. Ma ecco che arriva la svolta, drammatica e inaspettata che lo spinge ad una vera e propria rinascita.
Dopo un improvviso malore, scopre di essere affetto da una forma di leucemia. Si affida subito alle cure di una brava ematologa, ma c’è un problema. Dopo diversi tentativi, la data dell’intervento si avvicina e ancora non c’è il nome di un donatore di cellule staminali compatibili. Bruno comincia seriamente ad avere paura, come mai prima.
Quando il padre Umberto, con il quale il protagonista ha non pochi attriti, decide di rivelargli un grande segreto, si riaccende la speranza. Inizia un lungo percorso verso la guarigione, non solo fisica. Rivalutare il rapporto con la famiglia e uscire da se stesso si rivela la terapia più efficace per affrontare di nuovo la vita.
Cosa sarà, dal forte contenuto autobiografico - Bruno Salvati è un vero e proprio alter ego del regista - è una storia che tratta un argomento tragico, drammatico con la maggiore leggerezza possibile, non manca infatti la giusta dose di ironia e paradosso a caratterizzare l’opera di Bruni.
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Kim Rossi Stuart in una scena del film Cosa sarà[/caption]
Kim Rossi Stuart partecipa alla sceneggiatura mettendo mano a qualche elemento chiave della storia, racconta il regista, il risultato è forse la grande fluidità nell’interpretazione e la miglior resa possibile di questo personaggio che sostanzialmente si rivela essere il ritratto impresso su pellicola di Francesco Bruni.
Grande centralità nel film di Bruni ha però la donna, la donna moderna in relazione all’uomo moderno. La sua filmografia ci ha abituato a vedere i personaggi femminili sotto una luce salvifica, provvidenziale. Qui c’è una dottoressa, interpretata da Raffaella Lebboroni moglie del regista, tutta d’un pezzo, che non si preoccupa di indorare la pillola difronte alle brutte notizie e poi c’è una moglie, stanca di fare da perno all’interno di questa famiglia disfunzionale, sballottata da un marito confuso. Ma a dispetto di questi personaggi forti, è la fragilità il cuore del film. E non è solo il protagonista a reclamarne il diritto. Come dice la figlia, la giovane Adele, noi donne ci siamo rotte di essere forti di fronte a uomini troppo sensibili e inaffidabili. Donne e uomini, che rivendicano la propria debolezza di fronte ad un mondo che ci vuole forti.
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