Ennesimo accorato appello di papa Francesco a favore dell’Ucraina alla fine dell’udienza generale del 18 gennaio. Non si può rimanere indifferenti -ha detto il papa- di fronte all’attacco missilistico che sabato scorso ha polverizzato un intero palazzo a Dnipro, nell’est dell’Ucraina, causando la morte di 44 persone, tra cui sei bambini. L’Ucraina -ha aggiunto Francesco- ha bisogno di vicinanza, di conforto e soprattutto di pace. Le immagini e le testimonianze di questo tragico episodio sono un forte appello a tutte le coscienze. Non si può rimanere indifferenti.
Ma a dominare il dibattito dentro e fuori il Vaticano sono ancora le parole pronunciate da Francesco all’Angelus di domenica 15 gennaio. Parlando di Giovanni il Battista, il papa aveva affermato: Il pastore deve sapersi fare da parte al momento opportuno, sapendo rinunciare a ruoli e posizioni anche prestigiose, concependo il proprio ministero come servizio.
E immediatamente è ripartita, in Vaticano e nel dibattito pubblico, la giostra mediatica sulle imminenti dimissioni del papa argentino, a imitazione di quelle del papa emerito Benedetto XVI. A riguardo, dobbiamo ribadire, ancora una volta, che si tratta di affermazioni prive di fondamento, oppure interessate, perché provenienti da quei due terzi di monsignori vaticani che si oppongono a Francesco e che, con il sostegno di giornalisti compiacenti, da tempo chiedono, più o meno apertamente, che il papa si dimetta.
Chi conosce Francesco sa che certamente si dimetterà, appunto perché – come ha spiegato ancora di nuovo oggi- anche il ministero di Pietro è un servizio, e non la copia del potere assoluto di un imperatore; ma lo farà al momento opportuno, quando le forze non gli permetteranno più di servire la Chiesa. In questo senso, crediamo che sia giunto il tempo di affrontare il tema del papato a termine che, ben lungi dal costituire una bestemmia, conferirebbe alla figura del successore di Pietro una più intensa spiritualità.
VaticanoMondo è una rubrica a cura di Raffaele Luise, storico vaticanista Rai