Dopo la missione di qualche mese fa in Ucraina alla centrale nucleare di Zaporizhzhia, il capo dell'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica (AIEA), Rafael Grossi, si trova in Iran dove intavolerà alcuni colloqui con l'obiettivo di spingere il Paese arabo a cooperare con l'indagine sulle tracce di uranio trovate in siti non dichiarati.
In particolare, fonti locali riferiscono di un meeting bilaterale con il capo dell'Organizzazione iraniana per l'energia atomica, Mohammad Eslami.
La vicenda riguarda il ritrovamento di alcune particelle di uranio arricchite fino all'83,7% (e dunque molto vicine al grado di armamento massimo), nell'impianto di Fordow, secondo un rapporto dell'osservatorio nucleare internazionale: il sito si trova nella regione di Qom, tristemente salita alle cronache per i sospetti avvelenamenti da gas tossico all’interno delle scuole.
Il tema del nucleare rispetto all’Iran è particolarmente sentito e alla base di tutti i colloqui internazionali che si sono svolti a Teheran nell’ultimo periodo: dalla visita di Biden in Israele fino al viaggio di Giorgia Meloni e ora anche l’incontro con il direttore Aiea Grossi.
Dal suo punto di vista, il Paese arabo ritiene legittima la corsa al potenziamento dell’arsenale atomico come strumento difensivo (esattamente come accaduto per la Corea del Nord), in quanto Teheran considera violato il Trattato di Vienna, poiché alcune parti coinvolte (ossia l’Europa e gli Stati Uniti) non hanno rispettato i patti.
L’accordo, faticosamente redatto, prevede una progressiva riduzione dell’impegno atomico dell’Iran in cambio di un alleggerimento delle sanzioni imposte. Il primo a rompere il sottile equilibrio era stato Donald Trump nel 2018, e da lì l’escalation è ritornata fino al nuovo capitolo aperto dalla guerra civile. Eslami ha dichiarato che la produzione nucleare della Repubblica Islamica si attesta al 60% del suo potenziale.
Sul caso di Fordow il regime governativo iraniano ha ostacolato l’accesso all’Aiea, obbligando il Consiglio dei governatori dell'organismo di vigilanza delle Nazioni Unite a promulgare una mozione di diffida verso il regime di Khamenei. Da qui nasce l’esigenza del viaggio in Iran del diplomatico argentino, il quale spera di incontrare direttamente il presidente Raisi e di non prendere l’aereo di ritorno a mani vuote.