Stefano Tavilla storia figlia. Stefano ha perso sua figlia Giulia quando aveva 17 anni a causa di una complicanza legata al disturbo alimentare, per arresto cardiaco. Quando Giulia è morta era in lista d'attesa per entrare in una struttura.
A un mese di distanza dalla morte di Giulia Tavilla, Stefano si è quindi attivato nella speranza di salvare le vite dei figli degli altri. È nata quindi la sua associazione e delle iniziative di sensibilizzazione, una raccolta firme per un provvedimento concreto: riconoscere i problemi col cibo – che durante la pandemia sono aumentati del 30 percento - come una malattia a se stante.
Queste associazioni chiedono che i disturbi alimentari vengano considerati malattie a se stanti, affinché tutte le Regioni prevedano i livelli essenziali di assistenza. E si autotassano, per sostenersi gli uni con gli altri nei pellegrinaggi alla ricerca di strutture curative per i loro cari. E hanno un simbolo per la loro lotta, il fiocchetto lilla.
Perché nel nostro Paese in questi dieci anni l'attenzione, gli interventi e gli strumenti per fronteggiare e gestire i disturbi alimentari non sono cambiati.
In medicina li chiamano così, disturbi delle condotte alimentari. Un nome dietro cui si cela una triste realtà: in Italia ci sono tre milioni e mezzo di malati e 3700 morti certificati all'anno. Ovvero dieci persone al giorno. Di anoressia e bulimia si muore ancora troppo. I dati diventano sempre più allarmanti.
La storia di Giulia non ha un lieto fine. Giulia soffriva di bulimia, disturbo che oggi colpisce l'1,5% delle ragazze italiane dai diciotto anni in su.
Giulia si ammala a dodici anni e mezzo. Mangia e vomita di continuo.
Il suo corpo inizia a risentire della malattia: i battiti del cuore e i valori del sangue risultano sballati. È ancora minorenne, per cui può contare sulle cure dell'Ospedale Pediatrico Gaslini di Genova. Nessun supporto psicoterapeutico, solo medico.
Per anni ha negato la sua malattia, ha rifiutato il sostegno della famiglia, ma un giorno di marzo di tre anni fa ha deciso di farsi aiutare. Voleva vivere.
Compie quattordici anni e viene seguita dall’unico Centro Diurno ligure per D.C.A., a Quarto. Una pesata e un colloquio a settimana con il dietologo e la psicologa. Passano alcuni mesi, scade il contratto di lavoro della psicologa. Non più rinnovato.
A Santa Corona di Pietra Ligure c'è un centro specializzato per i D.C.A. Giulia, però, non viene considerata a rischio: il suo peso non è ancora allarmante. Lei e la sua famiglia si sentono abbandonati. Giulia intraprende un percorso terapeutico privato.
A gennaio 2011, per la prima volta Giulia decide di curarsi. Scelgono una clinica a Vicenza.
L’8 Marzo è fissato il primo colloquio in clinica per accertarsi che sia un ricovero volontario. Finisce in lista d'attesa, ma il suo cuore si è fermato prima. Nella notte del 15 marzo 2011, ha smesso di battere.
In Italia c’è da alcuni anni una Giornata Lilla (ideata per la prima volta proprio dall’associazione di Stefano), che solo nel 2019 è stata ufficializzata dalle istituzioni.
Il fiocchetto lilla – che è nato in America con le stesse finalità che conosciamo in Italia – è diventato un simbolo di speranza e di prevenzione.
In molti luoghi del nostro Paese, sono previste, nella giornata del 15 marzo, diverse iniziative in cui si condividono gli scopi perseguiti da Mi nutro di vita e le altre associazioni simili. Nella speranza che questi drammi non si consumino più.