20 May, 2023 - 10:10

Massimo D'Antona, storia del giurista ucciso dalle Nuove Brigate Ro...

Massimo D'Antona, storia del giurista ucciso dalle Nuove Brigate Ro...

È una storia simile a molte altre, quella di Massimo D'Antona, il giurista italiano morto nel corso di un attentato orchestrato da due esponenti delle Nuove Brigate Rosse a Roma il 20 maggio 1999. Assomiglia, in particolare, a quella di Marco Biagi, ucciso con le stesse modalità qualche anno dopo, nel 2002. Entrambi furono colpiti dopo essere stati eretti a "simbolo del movimento dei lavoratori e delle forze democratiche da colpire", come disse il Presidente Mattarella nel corso di alcune commemorazioni, da una banda nata sulle ceneri delle vecchie BR, quelle che, negli anni Settanta, si resero protagoniste di azioni sovversive - tra cui il celebre sequestro di Aldo Moro - con l'obiettivo di colpire lo Stato.

Massimo D'Antona storia: la ricostruzione di quel fatidico 20 maggio

Sono da poco passate le 8 di mattina del 20 maggio 1999 quando, dopo essere uscito dalla sua abitazione, in via Salaria, a Roma, Massimo D'Antona viene freddato con nove colpi di pistola. A spararli, dopo aver avvicinato l'uomo, forse per accertarsi della sua identità, è Mario Galesi. Con lui c'è anche una donna, Nadia Desdemona Lioce. Mentre viene soccorso e trasportato in ospedale, dove, poco dopo, sarà dichiarato morto, gli attentatori si danno alla fuga. La rivendicazione dell'omicidio arriverà qualche ora dopo, con un messaggio della lunghezza di oltre 14 pagine, firmato da una sigla ancora perlopiù sconosciuta, quella delle Nuove Brigate Rosse.

Si tratta di un'organizzazione di matrice comunista nata sulle ceneri delle vecchie BR all'indomani dello smantellamento di queste ultime, attive soprattutto negli anni Settanta. Scelgono D'Antona perché è uno dei più noti giuristi del lavoro del tempo. È facile, per loro, erigerlo a simbolo della borghesia e dell'"oppressione della classe operaia". D'Antona era nato a Roma nel 1948. Prima di insegnare alla Sapienza, era stato professore presso l'Università di Catania e quella di Napoli. Qualche anno prima del delitto, nel 1996, era stato nominato amministratore straordinario e poi consigliere d'amministrazione dell'ENAV, l'Ente Nazionale Assistenza al Volo. Da qualche tempo lavorava come consulente del Ministero del Lavoro.

Un tema, quello del lavoro, molto discusso all'epoca, soprattutto dopo l'inserimento della contrattazione nazionale: una tutela, per i lavoratori, definita però da molti come "troppo rigida". E a cui avevano fatto seguito delle norme, come quelle previste dal cosiddetto "pachetto Treu", volte alla flessibilizzazione e alla precarizzazione del lavoro. Riforme mal viste soprattutto negli ambienti di estrema sinistra, perché concepite come "nocive" per i lavoratori e per i loro diritti. D'Antona fu solo il primo bersaglio delle loro azioni sovversive. Al suo omicidio ne seguirono altri.

L'omicidio di Marco Biagi, tre anni dopo

Qualche anno dopo il delitto D'Antona, le Nuove Brigate Rosse si scagliarono infatti contro un altro giurista, Marco Biagi, anch'egli consulente del governo. Fu l'ultimo che il gruppo riuscì a portare a compimento. Nel 2003 Galisi e Lioce furono fermati su un treno regionale diretto a Firenze da Roma nel corso di un normale controllo di polizia. Galisi, spaventato, iniziò a sparare sulla folla. Colpì l'agente di polizia che aveva chiesto loro i documenti, uccidendolo. A sua volta morì dopo essere rimasto ferito a causa di un colpo di pistola.

Fu arrestata, però, la sua compagna di viaggio, Nadia Desdemona Lioce, braccio destro di Galisi nei delitti D'Antona e Biagi, nonché esponente di primo piano del commando. Oltre a lei, negli anni successivi furono fermati anche gli altri appartenenti del gruppo. Furono tutti condannati per più reati. Lioce si trova ancora oggi all'ergastolo in regime di 41 bis nel carcere "Le Costarelle" de L'Aquila, dove è recluso da gennaio anche il boss Matteo Messina Denaro.

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Sara D'Aversa
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