Il proprietario di un immobile, o il locatore, ha la possibilità di optare per la revoca dell’opzione della cedolare secca e questo ha conseguenze sul canone di locazione: cosa succede?
La cedolare secca è un regime di tassazione che può essere scelto al posto della tassazione Irpef ordinaria. Esercitando questa opzione, per alcuni aspetti conveniente, il locatore paga le imposte in base ad aliquote agevolate che, a seconda dei casi, sono del 10% o del 21%.
Si tratta di un regime non automatico, ma deve essere scelto dal locatore. Vediamo cosa succede al canone di locazione se il regime opzionale viene revocato.
Quando si affitta un immobile, il proprietario (o locatore) ha la possibilità di scegliere tra il regime ordinario Irpef o la cedolare secca.
Tuttavia, può cambiare idea e, in base a quanto previsto da provvedimento direttoriale del 7 aprile 2011, il proprietario di casa può revocare l’opzione della cedolare secca, comunicandolo al conduttore, tramite una lettera raccomandata.
La revoca della cedolare secca può essere esercitata per ogni anno successivo al primo, entro il termine ultimo previsto per il pagamento dell’imposta di registro riferita a quell’anno.
Nella lettera raccomanda, oltre ad informare della revoca, il locatore deve anche comunicare la volontà di applicare l’aggiornamento del canone, in base alla variazione dell’indice Istat.
Cosa succede al canone di locazione se il proprietario opta per la revoca della cedolare secca? Proprio quello che abbiamo appena detto: in caso di revoca della cedolare secca, il locatore ha la possibilità di aggiornare il canone di locazione all’indice Istat, in base all’inflazione.
Il canone su cui si deve applicare la variazione è quello derivate dal contratto non attualizzato per il periodo in cui è stata applicata la cedolare secca.
Il regime agevolato della cedolare secca non è soggetta all’inflazione: ciò vuol dire che il divieto all’aggiornamento del canone è previsto solo per la durata dell’opzione.
Così come nel caso delle pensioni, anche il canone di locazione si rivaluta annualmente, in base all’aggiornamento Istat. L’aggiornamento, infatti, viene calcolato dall’Istat sulla differenza rispetto allo stesso mese dell’anno precedente.
Per fare un esempio, l’ultimo aggiornamento risale al 16 gennaio 2024, con riferimento al mese di novembre 2023 ed è pari a +118,9 su base annua e 12,3% su base biennale.
L’obiettivo dell’aggiornamento è quello di adeguare il canone di affitto al costo della vita. Il calcolo viene effettuato su base annua o su base biennale. Un aspetto importante della cedolare secca, poco considerato, è quello che il canone rimane fisso e non è oggetto di rivalutazione annuale.
I locatori che hanno optato per il regime agevolato della cedolare secca non possono applicare l’adeguamento in base alla variazione dei prezzi al consumo. L’unica opzione, in questo caso, è quella di revocare la cedolare secca.
È sempre un bene verificare le clausole del contratto di affitto, in quanto, alcune di esse, potrebbero prevedere eccezioni o ben altre disposizioni specifiche.
Il proprietario dell’immobile in affitto può revocare l’opzione della cedolare secca entro 30 giorni dalla scadenza dell’annualità.
Revocando l’opzione, il canone di locazione è soggetto alla tassazione ordinaria e non più a quella agevolata. Nello stesso tempo, però, il locatore deve adeguare il canone mensile all’inflazione.
Bisogna tenere in considerazione la situazione in Italia degli ultimi anni: l’adeguamento all’inflazione può comportare un aumento dell’importo dovuto dall’inquilino.
Tuttavia, la scelta è onere del solo locatore. L’inquilino non può opporsi in nessun modo alla modalità con cui il primo decide di pagare le tasse sui canoni di locazione.