Sempre più acceso si fa per l'opinione pubblica il dibattito sullo stop ai cellulari e ai social media per i minori. L'ultima notizia che ha nuovamente attirato l'attenzione sul tema è stata la petizione firmata dai famosi del mondo della cultura, della pedagogia e, soprattutto, del mondo dello spettacolo, lanciata il 10 settembre 2024, poco dopo l'inizio delle lezioni a scuola per tantissimi italiani.
Nel lungo elenco di firme dell'iniziativa, si leggono i nomi di grandi come Daniele Novara, Pierfrancesco Favino, Paola Cortellesi e Sonia Bergamasco. La richiesta sembra essere più che chiara: vietato l'uso degli smartphone per i minori di 14 anni, così come l'iscrizione ai social network prima dell'arrivo dei 16.
Per approfondire le motivazioni e i punti di vista che ruotano attorno a questa proposta e il suo impatto sulla crescita dei ragazzi, Tag24.it si è rivolto a Paola Campanaro, psicopedagogista e direttrice del Centro Clinico La Quercia.
Alcuni specialisti la chiamerebbero "la scoperta dell'acqua calda", la notizia che riguarda i danni tra dipendenza e problemi di sviluppo per i giovanissimi che vivono in simbiosi con i loro dispositivi elettronici. Eppure, arriva il clamore lì dove si muovono anche gli attori, i volti noti dello spettacolo.
È proprio da qui che subito parte la nostra riflessione riguardo l'influenza delle petizioni come queste, firmate dai vip. Perché hanno così tanto successo? Per molti utenti è quasi più importante ascoltare la voce di attori, attrici, o influencer, rispetto agli specialisti, commenta la dottoressa Campanaro, spiegandoci anche i motivi:
In merito alla petizione firmata da così tanti attori e vip dello spettacolo, possiamo dire che, spesso, quando le tematiche vengono evidenziate e si accende la luce attraverso le loro parole, queste vengono ascoltate di più.
Succede perché sono persone in cui la gente comune si identifica, si proietta, immagina la propria vita. Le segue, diventa fan, follower, mette like, guarda le storie e si interessa a cosa fanno nella loro vita. C'è una parte di curiosità, ma anche una proiezione delle proprie aspirazioni su ciò che loro sono e fanno. Quindi, quello che scelgono ha un valore superiore rispetto a ciò che potrei fare io.
Pertanto, se tu dici che qualcosa non va fatta, io non mi pongo una domanda razionale, legata a studi o a un approfondimento critico, ma mi baso su ciò che il mio idolo pensa e crede. Quando poi più idoli si uniscono, questo ha un impatto ancora più grande, talvolta in contrasto con alcuni dati scientifici. Ecco perché i personaggi influenzano così tanto.
Il marketing e la pubblicità spesso utilizzano idoli per pubblicizzare qualsiasi tipo di prodotto, dal caffè al detersivo per la lavastoviglie.
Non è un caso che si sia scelta proprio quell'età, i quattordici anni, per attivare la petizione tra smartphone e accesso ai social. Parliamo di un momento cruciale per lo sviluppo del cervello dei più giovani.
La dottoressa Campanaro ci racconta come, fino a lì, si verifichi un processo chiamato pruning cognitivo, un specie potatura delle competenze e delle conoscenze che non vengono più utilizzate:
Il cervello di bambini e adolescenti è in piena formazione e la loro emotività è fortemente sollecitata. Fino ai 14 anni, durante l'adolescenza, avviene il pruning cognitivo: una sorta di potatura, come se il cervello fosse un albero e un giardiniere tagliasse i rami, ossia le conoscenze e competenze che il bambino non utilizza più.
Pertanto, la plasticità cerebrale è molto alta. Tutto ciò che riguarda le dipendenze, ossia quei processi che attivano la dopamina e il circuito del piacere - come guardare video e reel, che attivano la dopamina grazie al continuo flusso di nuove informazioni - coinvolge il cervello, che è curioso per natura. Lo stesso vale per l'uso di sostanze, alcol, giochi d'azzardo o videogiochi: ricevere una skin o salire di livello attiva il sistema dopaminergico.
In questo contesto, il cervello del bambino o del ragazzo crea una sorta di strada, come in un bosco, e questa strada è quella della dipendenza dopaminergica. Questo è particolarmente delicato perché il cervello è molto plastico e in una fase di grande cambiamento e riorganizzazione delle conoscenze.
Più volte Paola Campanaro ha affrontato il dibattito che riguarda l'uso dei cellulari per i più giovani e molto bene sa quanto sia complesso trovare la via giusta tra prevenzione, protezione, educazione e anche del sano intrattenimento. Ma è veramente la proposta di vietare gli smartphone ai minori di 14 anni la strada più corretta da intraprendere?
"Credo che vietare gli smartphone o altre cose non sia mai una buona scelta. Quando si vieta qualcosa, non si educa all'uso, ma si allontana semplicemente il pericolo, che viene percepito come tale. Lo stesso vale per l'alcol: per anni mi sono occupata di prevenzione delle dipendenze, come alcol e droga. La campagna "bere consapevolmente" è stata promossa proprio per questo: siamo in Italia, dove il vino fa parte della nostra cultura. È meglio conoscerlo piuttosto che bere vino scadente, aperitivi o superalcolici che possono portare danni, mentre il vino, se assaporato con moderazione, è parte della cultura territoriale.
Tornando al tema dell'uso di smartphone, Internet e digitale, la dottoressa suggerisce un'educazione al digitale fin da quando i bambini sono piccoli, proprio come si fa con l'educazione all'uso della televisione:
"Quanti bambini, già a 2 anni, mangiano davanti al tablet? Quante mamme fanno foto alle figlie in ogni momento, postandole sui social? Quante volte i genitori usano la televisione come babysitter? L'educazione familiare dovrebbe iniziare fin da piccoli, per poi proseguire con un'educazione digitale a scuola, a partire dalle elementari."
Nel 2015, la dottoressa Campanaro con il Centro La Quercia avevano presentato governo italiano un progetto innovativo: una patente del digitale per poter educare i ragazzi all’uso corretto della tecnologia. Se prima non era stato preso sul serio, adesso è chiaro che ci sia una vera e propria urgenza in merito:
"Questo è il progetto della ‘patente del digitale’ che, come centro, avevamo proposto al governo italiano nel 2015. Ci avevano ricevuto, ma all'epoca non si percepiva l'urgenza della questione ai piani alti della politica.
Oggi, la ‘patente del cellulare’ deve diventare una realtà. Alcune scuole più lungimiranti lo stanno già facendo, ma è importante che diventi una pratica comune, come l'educazione civica al riciclo. Oggi, se abbiamo in mano una bottiglia di vetro, ci viene spontaneo separarla e portarla al vetro, ma per arrivare a questo punto c'è voluto un lungo lavoro generazionale. Non dobbiamo affrontare il tema del digitale in termini di proibizione o paura, ma come una risorsa e un'opportunità.