Da mesi la nuova amministrazione statunitense è impegnata a trasformare una delle promesse più discusse della campagna elettorale di Donald Trump in un risultato tangibile: la fine della guerra in Ucraina. Tra pressioni diplomatiche e scadenze autoimposte, la corsa verso un cessate il fuoco rischia di inciampare proprio sulla frustrazione crescente della Casa Bianca?
Donald Trump, prima di tornare alla Casa Bianca, ha affermato che, se eletto, avrebbe posto fine alla guerra in Ucraina in 24 ore. Una dichiarazione ambiziosa, tuttavia, evidentemente impossibile. Dopo aver vinto le elezioni del 5 novembre 2024, la squadra del tycoon ha posto come obiettivo la fine del conflitto entro i primi 100 giorni di presidenza. Trump stesso, poi, ha ammesso che la sua promessa era “sarcastica”.
L’amministrazione americana sotto la guida di Trump, però, prosegue i colloqui per raggiungere un accordo di tregua che possa essere accettato sia da Kiev che da Mosca. Intanto la scadenza dei primi 100 giorni del secondo mandato del presidente si avvicina.
Il 30 aprile sarà il giorno in cui, in un certo senso, verrà misurato il successo della nuova amministrazione di Trump. A partire dal giorno del suo insediamento, il 20 gennaio, il tycoon ha avuto un rapporto altalenante con il suo omologo ucraino, Volodymyr Zelensky. Il momento peggiore nei rapporti tra Washington e Kiev è stato segnato dalla discussione tra i due leader alla Casa Bianca, alla quale il mondo ha assistito. Trump aveva già affermato che non voleva occuparsi di guerre altrui e non era favorevole agli aiuti all’Ucraina. Questo episodio ha segnato, per un breve periodo, l’interruzione degli aiuti e dell’assistenza militare statunitense verso Kiev. Ad oggi, le acque si sono calmate, anche se è difficile affermare che i due leader siano tornati ad essere “amici come prima”.
Parallelamente, i funzionari americani continuano i colloqui con le loro controparti russe. Trump e Putin, invece, hanno già avuto una telefonata su un eventuale cessate il fuoco in Ucraina. Il presidente statunitense, di volta in volta, esprime la sua “frustrazione”. Recentemente ha affermato di essere furioso con Putin minacciando la Russia di dazi secondari “se non si fa un accordo, e se penso che sia colpa della Russia”.
La scadenza informale del 20 aprile si sta avvicinando. Tuttavia, non c'è evidenza che si potrà raggiungere un’intesa. Alla luce di questo fatto, sembra dividersi anche la stessa amministrazione americana.
Il segretario di Stato, Marco Rubio, ha dichiarato che Trump è pronto ad abbandonare presto gli sforzi di pace:
Rubio ha ribadito la retorica trumpiana: la guerra in Ucraina non è la guerra degli Usa.
Rubio non ha attribuito la colpa a nessuna delle parti del conflitto. Tuttavia, molti hanno ricordato che nella telefonata avuta con Trump, il leader russo non ha approvato il cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni proposto dal presidente americano. Questo accordo di tregua aveva già ottenuto l'approvazione di Kiev. Mosca, però, sostiene che siano stati compiuti progressi.
Americani, europei e ucraini si sono riuniti in un primo incontro di negoziazione a Parigi il 17 aprile. È stato ribadito che è necessario raggiungere un cessate il fuoco, anche se gli sforzi diplomatici sembrano ancora in stallo.
In questa situazione complicata, il numero due di Trump, JD Vance, si è detto ottimista. Il vicepresidente degli Stati Uniti è in visita in Italia e ha incontrato il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Senza fornire maggiori dettagli, Vance ha affermato che "pensiamo di avere alcune cose interessanti da riferire" a Meloni:
Le parole di Vance sono arrivate dopo le dichiarazioni di Rubio.