24 Apr, 2025 - 10:52

Trump sotto attacco (anche in patria): 12 stati schierati contro i suoi dazi

Trump sotto attacco (anche in patria): 12 stati schierati contro i suoi dazi

Le politiche commerciali del presidente Trump continuano a polarizzare il dibattito, dentro e fuori gli Stati Uniti. Con il ritorno alla Casa Bianca, il leader repubblicano ha riacceso la miccia dei dazi, rilanciando un’agenda economica incentrata sul principio dell’“America First”. Ma questa strategia sta generando tensioni anche sul fronte interno: dodici Stati americani hanno deciso di opporsi legalmente, accusando l’amministrazione di aver travalicato i limiti imposti dalla legge federale. L’azione legale si inserisce in un contesto già segnato da un clima internazionale teso, dove la guerra commerciale con la Cina resta il nodo centrale.

Trump e i dazi: 12 Stati americani fanno causa per bloccarli

I dazi di Donald Trump continuano a far discutere. Una dozzina di stati americani ha fatto causa all'amministrazione Trump presso la Corte statunitense per il commercio internazionale di New York, nel tentativo di bloccare i dazi imposti in precedenza.

Arizona, Colorado, Connecticut, Delaware, Illinois, Maine, Minnesota, Nevada, New Mexico, New York, Oregon e Vermont hanno intentato la causa. L'iniziativa legale è guidata dal governatore e dal procuratore generale di New York.

I 12 Stati, promotori dell’azione legale contro l'amministrazione Trump, definiscono i dazi 'illegali' e sostengono che il presidente non abbia l'autorità di imporre imposte commerciali. Viene quindi messa in discussione l'invocazione, da parte di Trump, di una legge degli anni '70 denominata International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) per introdurre le imposte commerciali.

Gli stati chiedono al tribunale di dichiarare i dazi illegali e di impedire ai funzionari federali e alle agenzie governative di applicarli.

Dazi e strategia economica di Trump

Il presidente americano, con il suo ritorno alla Casa Bianca, ha messo in atto un’agenda che mette l’America in primo piano. Nell'ambito di questa serie di politiche protezioniste adottate da Trump spiccano le misure economiche, che sono state anche uno dei temi chiave della sua campagna elettorale.

Con il suo insediamento, il presidente ha annunciato tariffe contro Messico, Canada e Cina. Il 2 aprile, invece, ha annunciato i dazi universali contro numerosi paesi. Ha scelto di colpire coloro che ritiene danneggino l'economia americana, senza distinguere tra partner commerciali e rivali storici.

Ormai non è un segreto che il presidente americano mira a sfruttare queste misure per mantenere il vantaggio negoziale. Pochi giorni dopo, Trump ha messo in pausa per 90 giorni i dazi reciproci. In un recente incontro con il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a Washington, Trump ha affermato che "ci sarà un accordo commerciale, al 100 per cento" tra gli Usa e l'Unione Europea.

Il braccio di ferro con la Cina

Sebbene le nazioni nel mondo abbiano scelto di rispondere ai dazi di Trump in modi diversi, l’amministrazione statunitense ha più volte ribadito che diversi leader hanno espresso la loro volontà di trovare un accordo. La Cina, come seconda potenza economica mondiale, ha continuato a reagire alle misure annunciate da Trump.

La pausa, quindi, non comprende la Cina. Pechino e Washington hanno aumentato le aliquote sulle importazioni gradualmente. Attualmente, gli Stati Uniti hanno introdotto dazi del 145 per cento sulla Cina.

Trump ha recentemente dichiarato di sperare di raggiungere presto un accordo con Pechino e ha affermato che la tariffa del 145 per cento è "molto alta".

Lo scontro legale lanciato da 12 stati americani contro i dazi imposti da Trump rappresenta un segnale chiaro: le politiche protezionistiche del presidente non sono esenti da critiche, nemmeno entro i confini nazionali. Mentre Washington prosegue il suo braccio di ferro con Pechino, la sfida interna rischia di diventare un banco di prova per la tenuta del fronte repubblicano. La battaglia sui dazi, dunque, non si gioca solo sui mercati globali ma anche nei tribunali americani e il suo esito potrebbe ridefinire il perimetro del potere presidenziale in materia economica.

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Nazlican Cebeci
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