Dopo settimane di tensioni crescenti e reciproci attacchi aerei, India e Pakistan hanno raggiunto, il 10 maggio, un cessate il fuoco. La tregua è arrivata in un momento particolarmente delicato, a seguito di un sanguinoso attentato nella regione contesa del Kashmir che ha causato la morte di 26 turisti. Il presidente americano Donald Trump ha rivendicato un ruolo chiave nella mediazione, accendendo i riflettori internazionali sul coinvolgimento di Washington. Ma mentre gli Stati Uniti celebrano la riuscita diplomatica, restano forti dubbi sulla tenuta dell'accordo, già incrinato da nuove accuse di violazioni sul campo. Sullo sfondo, le storiche tensioni tra i due vicini dotati di armi nucleari continuano a rendere fragile ogni tentativo di stabilizzazione.
India e Pakistan si sono accordate, il 10 maggio, per un cessate il fuoco . Il presidente americano, Donald Trump, è stato il primo ad annunciare la tregua dopo giorni di attacchi aerei.
"Sono molto orgoglioso della forte e incrollabile leadership dell'India e del Pakistan per aver avuto la saggezza e la forza di comprendere appieno che era giunto il momento di porre fine all'attuale aggressione", ha affermato Trump in un post su Truth Social.
L'annuncio è arrivato mentre si intensificavano le ostilità peggiori degli ultimi 30 anni fra i due paesi. Gli attacchi reciproci hanno sollevato le preoccupazioni della comunità internazionale su un eventuale scoppio della guerra.
L'amministrazione Trump ha rivendicato il merito dell'accordo. Il segretario di Stato americano, Marco Rubio, ha affermato che l'intesa è arrivata dopo lunghe negoziazioni. La mediazione è stata condotta da lui e dal vicepresidente, JD Vance, con i leader indiano e pakistano, Narendra Modi e Shehbaz Sharif.
Rubio ha affermato che India e Pakistan hanno concordato anche "di avviare colloqui su un'ampia serie di questioni in un luogo neutrale".
Nuova Delhi ha minimizzato il coinvolgimento degli Stati Uniti nei colloqui, mentre Islamabad ha elogiato Washington.
Resta da vedere se il cessate il fuoco reggerà. Poche ore dopo l'annuncio, le parti si sono accusate reciprocamente di aver violato la tregua.
Le autorità indiane hanno dichiarato che le forze armate stanno rispondendo alle violazioni del cessate il fuoco da parte del Pakistan. Islamabad, dal canto suo, ha affermato di essere impegnata nel rispettare l'accordo e ha attribuito a Nuova Delhi la responsabilità delle violazioni.
Le tensioni sono salite tra India e Pakistan dopo un attacco mortale contro turisti nella contesa regione del Kashmir, ai piedi dell'Himalaya. Nell'attacco hanno perso la vita 26 persone: 25 turisti indiani e un cittadino nepalese.
L’India ha accusato il Pakistan di sostenere gli attentatori ma Islamabad ha negato ogni coinvolgimento. Un gruppo militante islamico precedentemente poco noto, il Fronte della Resistenza, ha rivendicato la responsabilità dell’attacco.
A seguito dell'escalation, l’India ha ridotto i rapporti diplomatici con il Pakistan, sospeso un trattato chiave sulla condivisione delle acque e annullato tutti i visti rilasciati ai cittadini pakistani. In risposta, il Pakistan ha chiuso lo spazio aereo alle compagnie aeree indiane e bloccato ogni scambio commerciale, anche con paesi terzi.
Il contenzioso sul Kashmir affonda le radici nel 1947, al momento della partizione dell'India. Entrambe le nazioni rivendicano l’intero territorio ma ciascuna ne controlla una parte. La separazione è stata definita dopo la guerra del 1947-48, e India e Pakistan sono entrati in conflitto per il Kashmir altre due volte, l’ultima nel 1999. La Cina controlla una parte orientale della regione.
Nel 2019 il governo di Narendra Modi ha revocato lo status speciale del Kashmir, che garantiva alla regione un'autonomia limitata, inasprendo ulteriormente le tensioni.
L’attacco è avvenuto durante la visita del vicepresidente americano JD Vance, nel mese di aprile, un elemento che ha attirato maggiore attenzione internazionale. Sebbene il conflitto del 1999 sia rimasto contenuto, la presenza di armi nucleari in entrambi i paesi solleva interrogativi sulla possibilità di un’escalation più ampia in una regione già fragile.