Bruxelles mira ad attuare un nuovo piano di allargamento che includerebbe paesi come Ucraina, Moldavia e Montenegro. Tuttavia, questo progetto è accompagnato da grandi cambiamenti in fase di discussione, che ne stanno delineando i contorni.
La volontà di estendere il blocco potrebbe tradursi in un ingresso dei nuovi membri nell’UE senza l’acquisizione immediata del pieno diritto di voto sulle scelte strategiche dell’Unione europea. Questo scenario riflette una chiara tensione tra la volontà di espandere l’influenza europea e la necessità di mantenere un controllo saldo sulle decisioni più strategiche.
L’Unione europea discute una nuova ondata di adesioni, accompagnata da una proposta di modifica delle regole per l’adesione stessa. Il piano in discussione prevede di consentire ai futuri membri di aderire con poteri decisionali limitati, ovvero senza diritto di veto, almeno all'inizio della loro adesione. Questo consentirebbe loro di entrare a condizioni più flessibili.
Successivamente, a fronte di una serie di riforme interne che i nuovi membri dovranno attuare, sarà loro concessa la piena parità di diritti, inclusa la possibilità di voto su tutte le materie.
Il diritto di veto permette ai singoli governi di perseguire decisioni in linea con i propri interessi e di impedire politiche europee non gradite.
L’allargamento è una delle priorità di Bruxelles, con l’obiettivo di aumentare i membri da 27 a 30 grazie all’adesione di Ucraina, Montenegro e Moldavia.
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, promuove l’adesione di Ucraina e Moldavia entro il 2030 ma diversi paesi dell’UE hanno finora resistito ai tentativi di accelerare il processo.
Sebbene paesi baltici e nordici sostengano l’allargamento, non tutti sono d’accordo. Ad esempio, la candidatura di Kiev è attualmente bloccata dal veto dell’Ungheria, che cita rischi di escalation delle tensioni nel continente.
La possibilità di un allargamento senza garantire pieni poteri ai nuovi stati membri è vista da molti sostenitori come un modo per modificare le posizioni di paesi come l’Ungheria.
La proposta di una partecipazione limitata senza diritto di veto appare dunque una risposta pragmaticamente politica per non rinunciare all’allargamento di paesi importanti dal punto di vista geopolitico ed economico.
In questo modo, non verrà concesso immediatamente loro un peso decisionale paragonabile a quello degli stati fondatori. Germania e Francia, così, manterranno una leadership sostanziale sull’impostazione delle politiche europee.
L’ammissione senza pieni diritti di voto non significa un’integrazione priva di impegni.
I nuovi membri dovranno seguire un rigoroso percorso di riforme interne, che includa il rafforzamento dello stato di diritto, il miglioramento della capacità amministrativa e il progressivo adeguamento delle normative alle direttive europee.
Queste riforme saranno monitorate costantemente e solo al loro completamento i nuovi stati potranno ottenere il pieno diritto di voto e partecipare attivamente alle decisioni più rilevanti, incluso il diritto di veto su materie sensibili.
Nel frattempo, la loro partecipazione alle istituzioni europee, al Parlamento e ai programmi comunitari rappresenta comunque un modo per influenzare le politiche europee, anche se in misura limitata.
Questo meccanismo rischia di istituire una sorta di gerarchia interna, almeno temporanea. Da un lato, consente di continuare l’allargamento includendo paesi che non sono ancora pronti a rispettare pienamente tutte le norme e le riforme UE. Dall’altro, genera due categorie di membri: quelli con pieni diritti e peso politico nelle decisioni, e quelli parzialmente subordinati e con influenza limitata.
Questo dualismo presenta vantaggi in termini di pragmatismo politico ma rischia di alimentare divisioni, malcontento e un senso di inferiorità tra gli stati in “lista d’attesa”. Inoltre, questa gerarchia può indebolire la coesione interna dell’UE e complicare la costruzione di una visione europea condivisa.
La strategia di “allargare senza aprire pienamente” appare l’unica via praticabile per incorporare nuovi membri senza stravolgere l’assetto politico attuale ma comporta rischi e sfide importanti per il futuro dell’Unione Europea.