La recente ribellione del gruppo Wagner in Russia ha acceso le ovvie reazioni preoccupate della comunità internazionale, per diverse ragioni: prima delle quali è, ovviamente, lo sconfinato arsenale nucleare, che nelle mani sbagliate, potrebbe davvero condurre a conseguenze catastrofiche. Questa guerra civile non era prevista da nessun servizio di intelligence, nemmeno quella USA, sebbene molti sostenitori e propagandisti del Cremlino abbiano ipotizzato che Prigohzin abbia organizzato il coup perché al soldo di Nato e americani. Vediamo le reazioni degli esponenti di svariate nazioni di fronte al colpo di Stato.
Nelle nazioni del blocco Nato hanno espresso una forte preoccupazione per gli sviluppi della Russia. Charles Michel, presidente del consiglio UE, ha affermato che l'Europa non ha intenzione di intervenire nel conflitto intestino, e ha voluto rimarcare la fermezza del sostegno militare a Kiev e al governo Zelensky.
Il presidente polacco Andrzej Duda ha dichiarato il massimo stato di allerta per l'esercito, affermando che si sta facendo di tutto per monitorare la situazione. Sono avvenuti anche colloqui con i paesi alleati. Sauli Niinistö e Edgars Rinkevics, premier rispettivamente di Finlandia e Lettonia, sono concordi nell'affermare da un lato la non-interferenza, dall'altro la necessità di un monitoraggio attentato.
Giorgia Meloni ha già indetto una riunione di Esteri e 007, non mancando una frecciatina ironica sul contrasto tra l'instabilità della Russia e i toni trionfalistici della propaganda del Cremlino.
Infine, abbiamo la dichiarazione di Zelensky stesso: "Chiunque segua il sentiero del male si distrugge da solo". L'Ucraina è infatti intenzionata a "non stare a guardare".
Parlano, poi, due leader "amici" di Putin e alleati della sua Russia nello scacchiere geopolitico: la Turchia di Erdogan e l'Uganda di Yoweri Museveni. Erdogan ha espresso il suo pieno sostegno al governo legittimo di Mosca promettendo anche aiuto pratico per sconfiggere i ribelli. Il figlio del presidente dell'Uganda, il generale Kainerugaba, invece, ha affermato che sarebbe disposto a inviare soldati ugandesi in Russia, nel caso Mosca lo richiedesse e ne avesse bisogno.
Freddo, invece, il Khazakistan, che ha affermato che la ribellione è un "affare interno russo" e che non prenderà alcune posizione a vantaggio delle du fazioni. Sembrerebbe che il presidente della Bielorussia Lukashenko, forse il più stretto alleato di Putin, abbia abbandonato il paese utilizzando il suo jet privato, forse temendo sollevazioni di eco nel proprio paese in reazione a ciò che sta accadendo in Russia.