Un gran giurì federale è pronto all'incriminazione di Donald Trump per l'assalto al Congresso Usa, il Parlamento degli Stati Uniti, datato 6 gennaio 2020. Lo riporta Abc, che cita alcune fonti. Si tratta della terza incriminazione per l'ex presidente Usa: qualora venisse condannato rischierebbe fino a 55 anni di reclusione.
L'episodio è rimasto nella memoria collettiva per via dei disordini provocati dai sostenitori del tycoon. Quest'ultimo, secondo l'accusa, avrebbe incitato i suoi seguaci a compiere atti sovversivi nel segno della sua tesi di brogli elettorali a seguito della vittoria di Joe Biden.
Sono quattro i capi d'accusa contestati a Trump, come si legge nell'atto di incriminazione, un documento di 45 pagine frutto dell'indagine del procuratore speciale Jack Smith. Insieme all'ex presidente ci sono anche altri sei co-imputati. Si tratterebbe di quattro avvocati, un funzionario del dipartimento di Giustizia e un consigliere politico.
Accuse gravissime, quelle che si possono leggere nel testo. L'ex presidente, secondo l'accusa, "ha usato mezzi illegali per negare voti legittimi e sovvertire i risultati elettorali". Pur avendo perso le lezioni, "era determinato a restare al potere".
Ad anticipare la notizia della sua incriminazione è lo stesso Trump, che attraverso il social network Truth prevede che il provvedimento arriverà oggi, mercoledì 2 agosto, intorno alle 17 locali, ore 23 italiane.
Il riferimento è al presunto coinvolgimento dell'attuale presidente degli Stati Uniti in alcuni affari opachi portati avanti dal figlio Hunter.
Nel frattempo, però, Trump deve pensare a difendersi dai quattro capi di imputazione che pendono sulla sua testa. Tra questi ci sono anche presunti reati come la "cospirazione" ai danni degli Stati Uniti e l'accusa di aver tramato per "frodare" lo Stato, attraverso il tentativo di sovvertire il voto del 2020.
In precedenza, Trump ha già ricevuto due incriminazioni. La prima a Manhattan, nel famosissimo caso di pagamenti alla pornostar Stormy, con l'accusa di violazione alle leggi elettorali. La seconda, invece, è arrivata dal dipartimento di Giustizia. Il caso, gestito dallo stesso procuratore speciale Smith, riguardò l'aver trattenuto documenti top secret nella sua residenza di Mar-a-Lago.