Cinque anni fa, il 12 febbraio 2019, l’ex repubblica jugoslava della Macedonia ufficializzò il cambio nome, diventando ufficialmente Macedonia del Nord. Ma perché si chiama così e cosa accadde esattamente cinque anni fa?
Situata nel cuore dei Balcani e con una superficie comparabile a quella di nazioni come Israele e una popolazione di circa 2,1 milioni di abitanti, questo paese offre un'inedita miscela di culture, etnie e storie. La sua capitale, Skopje, rappresenta il fulcro politico e culturale del paese, nonostante l'assenza di uno sbocco marittimo. Dalla indipendenza nel 1991, la Macedonia del Nord ha navigato attraverso sfide geopolitiche, culminando nel suo ingresso nella NATO nel 2020 e nell'avvio di trattative per l'adesione all'Unione Europea.
La disputa sul nome della Macedonia emerse nel 1991 con l'indipendenza della Repubblica Socialista di Macedonia dalla Jugoslavia, che decise di adottare il nome di Repubblica di Macedonia. La Grecia contestò l'uso del nome "Macedonia", sostenendo che facesse parte della propria eredità culturale e storica, e si oppose anche all'uso della bandiera con la Stella di Vergina e a certi aspetti della costituzione macedone, temendo potenziali pretese territoriali.
Ciò portò al blocco greco dell'adesione della Macedonia a organizzazioni internazionali come l'UE e la NATO. La disputa si concentrò sulle origini del nome, con la Grecia che attribuiva a sé la storia e i simboli della Macedonia antica, mentre la Macedonia temeva rivendicazioni territoriali da parte di Jugoslavia e Serbia. Le Nazioni Unite riconobbero lo stato come "Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia" (FYROM), nome adottato anche da altre organizzazioni internazionali. Nonostante ciò, 118 paesi riconobbero la Macedonia con il suo nome costituzionale. La questione diventò un tema politico sensibile in Grecia, con ampie dimostrazioni nazionaliste.
Dopo anni di stallo, un "accordo interim" nel 1995 portò alla rimozione di implicite rivendicazioni territoriali dalla costituzione macedone e alla modifica della bandiera, in cambio dell'abolizione dell'embargo greco. La disputa continuò fino al 2018, impedendo l'accesso della Macedonia all'UE e alla NATO, nonostante una crescente cooperazione economica tra i due paesi.
La denominazione Macedonia del Nord risolve dunque una disputa decennale con la Grecia riguardante il nome e l'identità nazionale.
Nel giugno 2018, il Parlamento macedone ratificò un accordo con la Grecia per cambiare il nome del paese in Macedonia del Nord, con 69 voti favorevoli su 120. L'opposizione conservatrice non ha partecipato al voto. Questo accordo, mirato a risolvere una disputa decennale sull'uso del nome "Macedonia", aveva previsto un referendum.
L'accordo mirava a distinguere lo stato dai Balcani dalla regione greca omonima, facilitando l'adesione della Macedonia del Nord all'Unione Europea e alla NATO. La firma dell'accordo è stata celebrata come un momento storico per la pace e la cooperazione regionale, nonostante l'opposizione interna in entrambi i paesi.
In sintesi, l'accordo di Prespa del 2018 ha posto fine a questa diatriba, permettendo al paese di adottare il nuovo nome di "Macedonia del Nord" e di avanzare sul palcoscenico internazionale, inclusa l'adesione alla NATO e l'avvicinamento all'UE.
La società macedone è un vero e proprio mosaico di culture. La maggioranza della popolazione è di etnia slava e segue la religione ortodossa, ma il paese è anche casa a significative minoranze, inclusi circa mezzo milione di albanesi. Altre comunità comprendono serbi, armeni, turchi, ebrei, oltre a piccole enclavi di Rom e Valacchi. Questa diversità etnica coesiste in un ambiente armonico, non scontata vista la complessa storia della regione. Le lingue ufficiali, il macedone e l'albanese, sono un testimone vivente della ricchezza culturale del paese, insieme all'arumeno, parlato da una comunità unica al mondo.